Gestire un condominio oggi non significa più solo occuparsi di conti e manutenzioni. Le normative cambiano, le responsabilità aumentano e le aspettative dei condomini crescono. Per questo, l’aggiornamento professionale per gli amministratori di condominio è un obbligo di legge.

🔺Cosa dice la normativa?

Il D.M. 140/2014 stabilisce che l’amministratore di condominio è tenuto a frequentare corsi di aggiornamento periodici. Questi corsi devono riguardare:

✔️Normative in materia condominiale, fiscale e di sicurezza;
✔️Tecniche di gestione e amministrazione;
✔️Temi legati al decoro architettonico, all’efficientamento energetico e alla mediazione delle controversie.

Attenzione!

Ogni anno l’amministratore deve frequentare corsi che garantiscano almeno 15 ore di aggiornamento formativo.

🔺Perché è importante?

Un amministratore aggiornato è in grado di:

✅ Evitare errori nella gestione legale e fiscale del condominio;
✅ Prevenire sanzioni e controversie;
✅ Offrire soluzioni moderne ed efficaci ai problemi quotidiani;
✅ Garantire trasparenza e sicurezza a tutti i condomini.

🔺Cosa succede se un amministratore non si aggiorna?

Il professionista che non adempie l’obbligo di aggiornamento non è più idoneo a svolgere l’incarico. La sua nomina può essere revocata e il condominio può incorrere in problemi legali.

🔺L’aggiornamento professionale non è solo un dovere, ma un vero e proprio valore aggiunto per chi vive in condominio. Scegliere un amministratore che investe nella propria formazione significa scegliere sicurezza, competenza e tutela per tutti.

Sembra un dettaglio, ma la bacheca condominiale è ancora oggi uno degli strumenti più usati per comunicare con i condomini. Avvisi di assemblea, lavori in corso, solleciti: tutto passa da lì.
Ma ci sono regole precise su cosa si può affiggere e cosa no, per evitare problemi di privacy o contestazioni legali.

🔺 A cosa serve la bacheca condominiale?

In genere viene installata in un punto visibile, come l’ingresso del palazzo, e serve per:

  • pubblicare convocazioni di assemblea;
  • informare su interventi da parte dei tecnici o lavori imminenti;
    • ⁠comunicare con i condomini in modo diretto e veloce;
    • ricordare regole di comportamento nelle parti comuni (es. orari raccolta differenziata, divieti ecc.).

🔺Attenzione alla privacy!

Secondo il Garante per la protezione dei dati personali, è vietato affiggere in bacheca:

  • nomi e cognomi legati a solleciti di pagamento o morosità;
  • riferimenti a situazioni personali o controversie tra condomini;
  • comunicazioni che possono risultare lesive della dignità di una persona.

👉 Esempio da evitare: “Il sig. Bianchi non ha ancora pagato le spese condominiali”.

✅ Soluzione corretta: invio della comunicazione privata tramite PEC o raccomandata.

🔺Come usare correttamente la bacheca?

  • ⁠  ⁠Nominare un responsabile dell’affissione (di solito è l’amministratore).
  • ⁠  ⁠Mantenere  il linguaggio neutro e professionale.
  • ⁠  ⁠Rimuovere gli avvisi non più validi.
  • ⁠  ⁠Utilizza una bacheca chiusa a chiave per evitare affissioni non autorizzate.

🔺La bacheca digitale è il futuro?

Sempre più condomini utilizzano app o portali web per comunicare in modo più riservato, veloce e tracciabile. Noi consigliamo di affiancare alla bacheca fisica strumenti digitali per migliorare la qualità della comunicazione interna.

🔺Attenzione!

La bacheca è uno strumento semplice, ma deve essere usato con attenzione. Rispettare le regole significa evitare problemi legali e mantenere un clima sereno tra i condomini. Anche da una bacheca si vede la professionalità dell’amministratore!

Non è raro che in un condominio, un condomino decida di eseguire lavori nella propria unità immobiliare o su spazi di uso esclusivo, come balconi, terrazzi o giardini. Ma cosa succede se questi interventi risultano abusivi o arrecano danno al condominio? E, soprattutto, che responsabilità ha l’amministratore in questi casi?

🔺”Proprietà esclusiva” significa libertà assoluta?

Una premessa importante: anche le parti di proprietà esclusiva sono soggette a regole. L’articolo 1122 del Codice Civile stabilisce infatti che i condomini “non possono eseguire opere che rechino danno alle parti comuni o compromettano la stabilità, la sicurezza o il decoro dell’edificio.” In altre parole, il fatto che un’area sia “privata” non autorizza a fare ciò che si vuole, specialmente se l’intervento ha impatto sull’intero condominio.

🔺Il ruolo dell’amministratore

L’amministratore naturalmente non ha poteri di polizia, ma ha precisi doveri di vigilanza e tutela. L’articolo 1130 del Codice Civile gli impone di fare osservare il regolamento condominiale e di intervenire per preservare le parti comuni. Se il professionista viene a conoscenza – direttamente o su segnalazione – di lavori potenzialmente abusivi, ha il dovere di:

1) verificare la situazione, anche con un sopralluogo;
2) informare l’assemblea, se necessario;
3) segnalare l’irregolarità alle autorità competenti (come il Comune o la Polizia Municipale);
4) in alcuni casi, può anche agire in giudizio, per conto del condominio, per bloccare o far rimuovere l’abuso.

🔺Abuso edilizio: l’mministratore può essere ritenuto responsabile?

Egli non è responsabile per l’abuso in sé, ma per l’eventuale “inerzia” di fronte a una situazione irregolare. Attenzione! Se l’amministratore ignora volontariamente i lavori abusivi, o non interviene nonostante ne abbia certezza di ciò che accade, può essere chiamato a rispondere:

  • ⁠  ⁠civilmente, per danni arrecati al condominio o a terzi;
  • ⁠  ⁠professionalmente, per inadempienza ai propri doveri, con possibili conseguenze anche sulla sua conferma o revoca;
  • ⁠  ⁠in alcuni casi estremi, anche penalmente, se l’omissione riguarda la sicurezza dell’edificio.

🔺Cosa dice la giurisprudenza

La Corte di Cassazione si è più volte espressa su questo tema. In particolare:

✔️Cass. civ. n. 2436/2018 ha confermato che l’amministratore può agire anche per danni che riguardano parti esclusive, se incidono sul complesso edilizio.
✔️Di recente, Cass. civ. n. 31228/2024 ha ribadito che l’amministratore è legittimato ad agire per vizi costruttivi anche se colpiscono direttamente solo alcune unità private, quando danneggiano indirettamente le parti comuni.

🔺Buone pratiche per gli amministratori

Per prevenire situazioni difficili e tutelare il proprio ruolo, è opportuno che l’amministratore:

  • ⁠  ⁠mantenga un rapporto costante con i condomini;
  • ⁠  ⁠effettui sopralluoghi periodici;
  • ⁠  ⁠richieda sempre copia dei titoli abilitativi per lavori rilevanti;
  • ⁠  ⁠documenti ogni segnalazione e ogni azione intrapresa;
  • ⁠  ⁠porti in assemblea i casi più delicati o controversi.

🔺Attenzione!

Il messaggio è chiaro: anche se un abuso avviene in un’area privata, l’amministratore ha il dovere di intervenire tempestivamente, quando questo può compromettere l’interesse comune.

È fondamentale che ogni associato ANACI conosca e applichi con rigore le normative in materia. Perché tutelare il condominio significa anche tutelare sé stessi.

L’acqua potabile è un bene primario, ma troppo spesso in condominio ci si dimentica che anche la sua qualità è un aspetto che va monitorato con attenzione perché il rischio che l’acqua venga contaminata non è da sottovalutare.
Ma chi è responsabile dei controlli?
E cosa deve fare l’amministratore per garantire che l’acqua che arriva ai rubinetti sia davvero sicura?

🔺Chi garantisce la qualità dell’acqua?

Fino al contatore condominiale, la qualità dell’acqua è garantita dal gestore dell’acquedotto.
Dal contatore in poi, però, la responsabilità è del condominio. E quindi, in pratica, dell’amministratore.

Questo principio è stato confermato in modo chiaro dal Decreto Legislativo 18/2023, entrato in vigore il 21 marzo 2023, che ha recepito la Direttiva UE 2020/2184 sulla qualità delle acque destinate al consumo umano.
Il decreto definisce come “gestore del punto di consegna” il soggetto che gestisce l’impianto interno all’edificio E in un condominio, questa figura è l’amministratore.

🔺Obblighi dell’amministratore

L’articolo 8 del decreto stabilisce che l’amministratore deve:
✔️valutare il rischio igienico-sanitario derivante dalla distribuzione interna dell’acqua;
✔️adottare misure preventive e correttive per garantire che la qualità dell’acqua non venga alterata;
✔️mantenere l’impianto interno in condizioni idonee;
✔️documentare controlli e interventi effettuati;
✔️intervenire in caso di segnalazioni da parte dei condomini.

In pratica, se nel condominio sono presenti serbatoi, autoclavi, impianti datati o segnalazioni di torbidità o cattivo odore, l’amministratore deve attivarsi per far eseguire analisi specifiche sulla qualità dell’acqua, affidandosi a laboratori accreditati.

🔺Che tipo di controlli devono essere fatti?

I controlli sull’acqua potabile in condominio comprendono:
-Analisi chimico-fisiche, per verificare parametri come pH, durezza, nitrati, cloro residuo, metalli pesanti;
-Analisi microbiologiche, per accertare la presenza di batteri come Escherichia coli, coliformi totali o legionella (specie nei circuiti dell’acqua calda e nei serbatoi).

La normativa non impone una frequenza rigida però la buona prassi prevede un controllo almeno annuale per impianti con serbatoi di accumulo o autoclavi.

🔺E se l’amministratore non fa i controlli?

Il mancato rispetto di questi obblighi espone l’amministratore (e quindi il condominio) a sanzioni amministrative molto pesanti.
Secondo l’articolo 23 del Decreto Legislativo 18/2023:
• si rischiano fino a 30.000 euro di multa se l’acqua distribuita non rispetta i requisiti di qualità;
• si rischiano fino a 24.000 euro di sanzione se non viene effettuata la valutazione del rischio o non si adottano misure correttive;

🔺Attenzione!
In caso di contaminazione e danni alla salute, si può arrivare anche a responsabilità civili e penali (per esempio, se si sviluppa un focolaio di legionella in una cisterna condominiale).

🔺Come prevenire il problema?

La prevenzione è la vera arma per evitare problemi seri. Un impianto idrico condominiale ben manutenuto e controllato regolarmente è più sicuro e offre tranquillità a tutti gli occupanti dell’edificio.

Per questo è fondamentale:
1)programmare manutenzione ordinaria di autoclavi e serbatoi;
2)eseguire la pulizia e disinfezione periodica delle cisterne;
3)agire tempestivamente in caso di anomalie (cattivi odori, colorazioni strane dell’acqua, perdite);
4)informare i condomini in modo trasparente sull’esito delle analisi.

🔺In conclusione
Il controllo della qualità dell’acqua in condominio non è una formalità, ma un obbligo ben preciso, che coinvolge direttamente l’amministratore.

Come sappiamo, l’amministratore di condominio ha il diritto (e il dovere) di raccogliere e gestire una grande quantità di dati personali come:

✔️ Nome, cognome e recapiti dei condomini
✔️ Dati catastali degli immobili
✔️ Situazione dei pagamenti delle spese condominiali
✔️ Informazioni su inquilini e altri titolari di diritti reali o personali di godimento

2️⃣ Il registro di anagrafe condominiale

Secondo l’art. 1130 del Codice Civile, l’amministratore deve tenere un registro di anagrafe condominiale con le informazioni aggiornate su proprietari e inquilini. È compito di ogni condomino fornire i dati richiesti.

3️⃣ Rispetto del GDPR: privacy e sicurezza

L’amministratore è considerato un responsabile del trattamento dei dati e deve rispettare il Regolamento UE 2016/679 (GDPR). Questo significa:
✅ Raccogliere solo i dati necessari alla gestione del condominio
✅ Conservare i dati in modo sicuro, evitando accessi non autorizzati
✅ Non divulgare informazioni senza motivo legittimo

4️⃣ Chi può accedere ai dati?
• I condomini possono accedere solo ai dati che li riguardano direttamente.
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• Terzi (fornitori, tecnici, avvocati) possono avere accesso ai dati solo se necessario e con adeguata protezione.

5️⃣ Cosa succede in caso di violazione della privacy?

Se l’amministratore non protegge i dati o li utilizza in modo illecito, può incorrere in sanzioni amministrative e responsabilità civili.

I condomini, inoltre, possono segnalare eventuali irregolarità al Garante per la protezione dei dati personali.

➡️ Trasparenza e sicurezza nel trattamento dei dati sono fondamentali!

Il decreto superbonus, dopo il via libera al Senato del 16 maggio, ottiene anche quello della Camera: il provvedimento quindi diventa legge.
Diverse le novità, tra le più rilevanti quella che prevede la detrazione delle spese sostenute dal primo gennaio 2024 in 10 anni anziché in 4.

🔺LE PRINCIPALI NOVITÀ DEL DECRETO.

• Cambia ancora il mondo dei bonus, stretta sui lavori di ristrutturazioni: il bonus casa dal 2028 scenderà al 30%.
• Superbonus in 10 rate.
Le spese sostenute dal primo gennaio 2024 per il superbonus (fino ad oggi al 70% e che nel 2025 scenderà al 65%) potranno essere portate in detrazione (con la dichiarazione dei redditi da presentare nel 2025) in 10 anni anziché in 4.
Viene allungata a 10 anni (dagli attuali 5) anche la detraibilità per il sismabonus e il bonus barriere.
• Spalma-detrazioni.
Questo meccanismo penalizza chi ha più capienza fiscale perché dovrà attendere più tempo per essere totalmente rimborsato. Il governo stima un ammontare di detrazioni fruibili di quasi 12 miliardi tra il 2024 e il 2025.

🔺 BONUS CASA AL 30% DAL 2028
• Nei prossimi anni si ridurrà l’agevolazione per i lavori di ristrutturazione di casa: dal 2028 al 2033, infatti, l’aliquota della detrazione per interventi di recupero edilizio e di riqualificazione energetica scenderà al 30%.

Nel 2024 il bonus è stato confermato al 50%, con un tetto di spesa detraibile di 96mila euro.
Dal 2025, invece, salvo proroghe, l’aliquota scenderà al 36%, con un tetto che dovrebbe scendere a 48mila euro.
• Dal 2025 tutti gli istituti finanziari non potranno più compensare i crediti del superbonus con debiti previdenziali, assistenziali e i premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, pena il recupero del credito con interessi e una sanzione.

Inoltre, banche, assicurazioni e intermediari che hanno acquistato crediti pagandoli meno del 75% del loro valore originario, dovranno ripartire le rate in 6 quote annuali, che non potranno essere cedute e neanche ulteriormente ripartite.  

🔺 FONDO SISMA PER NUOVI INTERVENTI
• Arrivano fondi di 400 milioni di euro per consentire la cessione e lo sconto in fattura nelle zone colpite dai sismi del 2009 e del 2016: potrà però essere usato solo per le “nuove pratiche”.
La cessione e lo sconto riguardano solo ecobonus e sismabonus ma non il ‘Superbonus rafforzato’
• Per il 2025 sono anche previsti due fondi:
uno da 35 milioni per gli interventi di riqualificazione energetica e strutturale, realizzati in altre zone colpite da sismi;
e uno da 100 milioni gli interventi degli enti del terzo settore, onlus, organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale.

🔺OK AI CONTROLLI DEI COMUNI
• I Comuni potranno fare sopralluoghi nei cantieri del superbonus per verificare eventuali irregolarità. In cambio riceveranno una quota del 50% delle somme riscosse.

Il bonus sicurezza, noto anche come bonus videosorveglianza, è una detrazione fiscale del 50% sulle spese sostenute per l’installazione di sistemi di sicurezza o allarme in un’abitazione.
E l’Agenzia delle Entrate ha inoltre spiegato che l’installazione di fotocamere o cineprese collegate con centri di vigilanza privati rientra tra gli interventi che danno diritto alla detrazione Irpef del 50% delle spese per il recupero del patrimonio edilizio e, in particolare, tra i lavori finalizzati alla prevenzione del rischio del compimento di atti illeciti da parte di terzi.
Questa detrazione del “bonus sicurezza o bonus videosorveglianza”, fa quindi parte del bonus ristrutturazione e consente una detrazione del 50% su diversi lavori propedeutici alla sicurezza. La buona notizia è che questa è stata prorogata anche per il 2024 e prevede un limite massimo di spesa di 96.000 euro per ogni unità immobiliare.

🔺Lavori detraibili per il bonus sicurezza:
• rafforzamento, sostituzione o installazione di cancellate o recinzioni murarie degli edifici;
• apposizione di grate sulle finestre o loro sostituzione;
• porte blindate o rinforzate;
• apposizione o sostituzione di serrature, lucchetti, catenacci, spioncini;
• installazione di rilevatori di apertura e di effrazione sui serramenti;
• apposizione di saracinesche;
• tapparelle metalliche con bloccaggi;
• vetri antisfondamento;
• casseforti a muro;
• fotocamere o cineprese collegate con centri di vigilanza privati;
• apparecchi rilevatori di prevenzione antifurto e relative centraline

🔺Chi può richiedere il bonus di sicurezza?
Il bonus di sicurezza può essere richiesto dalle persone fisiche soggette al pagamento dell’IRPEF, senza limiti di reddito.
Possono beneficiare del bonus:
• proprietari e nudi proprietari dell’immobile
• soggetti titolari di un diritto reale sull’immobile, come l’usufrutto, l’uso o l’abitazione
• locatori e comodatari dell’immobile
• soci di cooperative divise e indivise
• soci delle società semplici
• imprenditori individuali per immobili che non siano beni strumentali
Importante: gli interventi oggetto del bonus possono essere effettuati solo su unità immobiliari residenziali.

🔺Come richiedere il bonus sicurezza?

Per richiedere il bonus sicurezza è necessario effettuare i lavori entro il 31 dicembre 2024 e conservare tutta la relativa documentazione.
È fondamentale che il pagamento dei lavori sia effettuato tramite sistemi tracciabili (per esempio, bonifico parlante).
Nella fattura, oltre all’importo dell’intervento sostenuto, devono essere indicati:
• la partita IVA o il codice fiscale dell’impresa esecutrice
• la causale del versamento
• il numero e la data della fattura
La detrazione fiscale viene applicata nella dichiarazione dei redditi e suddivisa in 10 quote annuali di uguale importo.

🔺Come si effettua correttamente il bonifico parlante?
Per beneficiare della detrazione fiscale del Bonus Sicurezza, è essenziale effettuare i pagamenti tramite bonifico parlante, ovvero un bonifico che contenga una serie di informazioni dettagliate. Innanzitutto il bonifico deve essere emesso dal beneficiario dei lavori e nella causale e poi deve indicare riferimenti precisi come:
• causale dei lavori con normativa di riferimento
• numero e data della fattura
• totale dei lavori
• codice fiscale del beneficiario della detrazione
• partita IVA e codice fiscale dell’impresa che ha eseguito i lavori

Attenzione!! Il bonus sicurezza è un’agevolazione importante che consente di rendere la propria casa più sicura e di ridurre il rischio di furti e atti illeciti.

Oggi, l’amministratore di condominio deve essere un professionista sempre all’altezza e in grado di affrontare ogni problematica che nasce nel mondo condominiale. Questo ovviamente si traduce in aggiornamento professionale continuo ed esperienza sul campo ma, allo stesso tempo, è fondamentale che il lavoro dell’amministratore sia svolto seguendo determinate linee guida e sottostando a norme etiche.
In poche parole anche l’amministratore di condominio è soggetto ad un codice deontologico e di comportamento, non solo nei riguardi dei condomini e del condominio amministrato, ma anche nei confronti dei colleghi.
La legge di riforma del condominio non ha stilato un vero e proprio codice deontologico, ma le associazioni di categoria, come ANACI, hanno il compito di redigerne uno per i propri associati.

Chiaramente, l’inosservanza del codice di comportamento, stilato dalle varie associazioni, in caso di inosservanza, comporta la possibile espulsione dal’associazione stessa.
Va da sé che, questo dettaglio è garanzia per tutti quei condomini che devono scegliere un amministratore e che, per farlo, si rivolgono ad un’associazione seria e virtuosa come ANACI.
Chiariamo che le associazioni di categoria non sono ordini professionali pertanto non prevedono sanzioni né provvedimenti disciplinari nei confronti degli iscritti.
Esistono tuttavia delle linee guida che la L. n° 4/2013, sulle professioni non rientranti tra quelle che hanno un ordine professionale di appartenenza, ritiene debbano sempre essere presenti nei vari codici di comportamento e deontologici.
Si tratta di principi non molto diversi da quelli titpici di ogni professione che regolano i rapporti con i condomini, con gli altri associati ed i principi di trasparenza correttezza, lealtà, professionalità e competenza nello svolgimento dell’incarico professionale.

Essendo infatti una categoria di professionisti legati strettamente a terze persone e cose, per via delle mansioni da svolgere, il codice sancisce quanto segue “La figura dell’amministratore immobiliare e condominiale è basata sul principio legale del  mandato e  sul postulato morale  della  fiducia,  quindi, deve  esercitare  la  professione  con  dignità, coscienziosità professionale, integrità, lealtà, competenza, discrezione e rispetto degli  utenti, dei condomini,  dei mandanti  e dei  colleghi”
Come si evince i requisiti, i principi deontoloci ed etici non sono stati coniati appositamente per l’amministratore, ma sono già presenti da sempre nel panorama delle professioni ordinistiche.
Tuttavia, il fatto che ora, sia la legge della riforma condominiale che quella che regolamenta le professioni non ordinistiche, abbiano voluto applicare i suddetti princípi anche all’amministratore del condominio, è un chiaro segno che questa professione oggi non è più considerata semplice dopolavoro.
Ma soprattutto che, questa, non è più una professione per dilettanti!

🔺Requisiti indispensabili per diventare Amministratore di Condominio.
Riguardo i requistiti che l’amministratore deve avere al momento dell’assunzione dell’incarico professionale, l’articolo 71 delle Dis. Att. c.c. impone al professionista di:

– non aver ricevuto condanne per reati contro la pubblica amministrazione,la fede pubblica, il patrimonio ed ogni altro reato non colposo per il quale la legge prevede la reclusione dai 2 ai 5 anni;

– non essere stati sottoposti a misure di prevenzione definitive;

– non essere stati interdetti o inabilitati;

– non essere stati annotati tra gli elenchi dei protesti cambiari;

– aver conseguito il diploma di scuola media secondaria;

– nonché l’obbligo di frequenza di un corso professionale presso enti che svolgono formazione professionale periodica.

Attenzione! La perdita anche di uno solo dei suddetti requisiti, comporta l’immediata perdita dell’incarico per l’amministratore.

La violazione di alcuni dei principi deontologici e di comportamento è strettamente collegata alla responsabilità penale e civile dell’amministratore.
Dunque l’associazione di categoria, in tal caso, deciderà eventuali provvedimenti disciplinari fino all’espulsione dell’associato che ha violato le norme deontologiche.
In alcuni casi specifici l’associazione potrà persino costituirsi parte civile nel processo nei confronti dell’amministratore infedele ottenendo così un risarcimento dei danni anche in caso di responsabilità contrattuale od extracontrattuale.

🔺Regole per amministratori di condominio
Le norme deontologiche degli amministratori passano da quelle generali e comportamentali, come ad esempio il principio di riservatezza, i rapporti con condòmini, colleghi e concorrenti, fino ad arrivare all’area dedicata alle sanzioni punitive per chi, pur essendo iscritto all’associazione dimostra comportamenti scorretti durante lo svolgimento delle mansioni.

🔺Amministratore e condomini!

Nello svolgimento dell’attività, l’amministratore deve attenersi al mandato che gli viene conferito dall’assemblea condominiale che lo ha nominato, svolgendo con competenza le funzioni che gli sono assegnate ed evitando che, nel suo operato, si generi un conflitto d’interessi tra sé e l’immobile amministrato o tra sé e qualcuno dei condomini, per evitare disparità illegali tra condòmini come, ad esempio, casi di favoreggiamento per l’accesso al credito statale per ristrutturazioni, manutenzioni, ecc.

🔺Rapporti con altri amministratori colleghi

Secondo il codice è di fatto vietato all’amministratore di svolgere, in qualsiasi forma, atti di concorrenza sleale. In particolar modo è vietato sostituire un collega senza averlo previamente avvertito ed avere avuto notizia della definizione dei suoi rapporti con il condominio da amministrare. Per capirci, un amministratore di condominio non può prendere in carico un immobile da gestire se risulta essere gestito da un terzo soggetto ed il mandato è ancora in essere.

🔺Conflitto d’interessi
È vietato, quando si hanno delle strutture in carico, avere rapporti personali e/o interpersonali di favoreggiamento con imprese edili, imprese di manutenzione varia, enti governativi, uffici preposti o strettamente collegati agli immobili come ad esempio l’ufficio dei tributi del comune di riferimento, ecc.

Come sappiamo, dal 2024 il Superbonus 110% , di fatto, non esisterà più, ma forse ciò che ancora ignoriamo è che a breve potrebbero partire delle nuove imposte atte a scoraggiare eventuali speculazioni.
Il governo infatti, per sanare la ferita aperta nei conti pubblici dai bonus edilizi, sta cercando il modo di fare cassa per recuperare parte di quanto speso. Come lo farà? Mettendo alle strette chi ha ristrutturato con lʼintenzione di rivendere a un prezzo più alto e quindi guadagnare a spese dello Stato. Una manovra che punta a colpire con una tassazione del 26% le plusvalenze realizzate da chi vende, entro 10 anni dalla fine dei lavori, immobili riqualificati con il Superbonus 110 %. L’obiettivo è far pagare chi è intenzionato a cedere un immobile che si è rivalutato grazie alla più ricca tra le agevolazioni fiscali. Vediamo insieme quali potrebbero essere le novità in legge di Bilancio 2024

🔺Extratassa sulle vendite di immobili riqualificati

La proposta di legge di bilancio prevede un’estensione, da 5 a 10 anni, del periodo di “sorveglianza” durante il quale le vendite di immobili che hanno usufruito del Superbonus 110% pagheranno un carico fiscale maggiorato.
Le conseguenze relative a questo carico riguarderanno il regime dell’indeducibilità dei costi: per i primi cinque anni sarà integrale, mentre dal sesto sarà possibile una deduzione delle metà delle spese sostenute.
Ed è qui che potrebbe entrare in scena anche un’EXTRATASSA: chi venderà una seconda casa che ha beneficiato del superbonus infatti, nell’arco temporale sopra citato (10 anni), andrà incontro al mega prelievo del 26% sulla plusvalenza generata dall’operazione come reddito diverso. Questo significa che chi era intenzionato a speculare sul Supebonus, sarà costretto a “restituire” una parte di quanto ottenuto con l’agevolazione al 110%.

🔺Extratassa: chi sarà esentato?

La legge di bilancio inasprisce la tassazione delle plusvalenze, ma prevede alcune eccezioni:
1)In primo luogo sono esentati gli immobili acquisiti per successione e quelli ereditati dopo la fine dei lavori.
2)Esclusi dalla tassazione delle plusvalenze anche gli immobili adibiti ad abitazione principale dal venditore o dai suoi familiari per almeno i 10 anni precedenti la cessione. 3) E infine la tassazione non scatterà anche nel caso in cui il venditore è un’impresa.

🔺La riclassificazione catastale degli immobili beneficiari del superbonus 110%

La riclassificazione catastale degli degli immobili che hanno usufruito dell’agevolazione massima, comporterà una serie di conseguenze economiche.
Naturalmente la prima casa sarà sempre esente dall’IMU, salvo per le abitazioni di lusso, ma l’incremento della rendita catastale influirà sul calcolo dell’ISEE, con ripercussioni sulle agevolazioni sociali e sulle imposte di registro in caso di rivendita. Non si tratta di una modifica di poco conto, anzi!

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🔺Superbonus, addio 110%, cosa cambia dal 2024

Secondo il governo Meloni, negli ultimi anni la misura del superbonus 110% è risultata particolarmente onerosa, ecco perché l’ha cambiata, fino a smantellarla. È stato previsto, infatti, un calo progressivo dell’incentivo che quest’anno è al 90% ma che nel 2024 calerà ulteriorimente al 70%, oltretutto senza la possibilità di poter usufruire della cessione del credito o dello sconto in fattura. A tal proposito ricordiamo che esiste un altro bonus edilizio – l’ecobonus – che permette di ottenere il 75% (in più anni sì, ma con meno vincoli).
Il superbonus al 110% resta fino a fine 2023, ma solo per le villette unifamiliari e i condomìni con i lavori avviati nel 2022

🔺Cosa sono i “bonifici parlanti” e perché sarà più costoso accedere ai vari Bonus Edilizi

Il bonifico “parlante” è praticamente obbligatorio per accedere ai benefici fiscali previsti dai bonus del governo, perché dà informazioni indispensabili per attestare il pagamento dei lavori di riqualificazione energetica o ristrutturazione, affinché l’Agenzia delle Entrate possa poi risalire ai dettagli della transazione ed eventualmente effettuare i controlli. Il bonifico parlante non è altro che un bonifico ordinario, dunque, che però contiene nella causale delle informazioni prestabilite.
Su questi bonifici, al momento, c’è una trattenuta da parte di banche e Poste italiane dell’8% sul totale del pagamento. La legge di bilancio per il 2024 prevede di aumentare l’aliquota della ritenuta in argomento dall’8% all’11%.
Dunque, la trattenuta sui bonifici per i bonus ristrutturazioni sale dall’8 all’11 per cento. La ritenuta porterà certamente maggiori entrate per le casse dello Stato, il problema però è che l’aumento dell’aliquota diminuirà i soldi che arrivano alle aziende edili, che di conseguenza avranno meno liquidità.

Finalmente una nuova opportunità per la professione dell’amministratore di condominio! A darla è il decreto 109 del ministero della Giustizia del 4 agosto 2023 che aggiorna e regola la figura del “consulente tecnico di ufficio” prevedendo la possibilità di iscrizione all’albo, istituito presso ogni tribunale, anche di tutti quei professionisti per i quali non sia previsto un albo o collegio professionale. E dunque ciò permette anche l’ingresso degli amministratori di condominio, con riferimento alla “consulenza tecnica di ufficio in ambito condominiale”. Questo decreto rende accessibile l’iscrizione all’Albo dei CTU per tutti i professionisti interessati a svolgere attività di consulenza in ambito giuridico, offrendo nuove opportunità per un più ampio coinvolgimento di esperti qualificati nel settore. Come sappiamo, questo ruolo, fino ad ora, non poteva essere ricoperto da un amministratore condominiale non iscritto in un albo o collegio professionale (geometra, commercialista, avvocato, architetto).
Dall’entrata in vigore della legge 4/2013 sulle professioni non riconosciute si era creata una grave incongruenza: in pratica al giudice veniva prescritto di avvalersi esclusivamente di consulenti che solo indirettamente potevano avere reali ed adeguate competenze nella materia su cui erano chiamati a fornire analisi e valutazioni.
L’esclusione tra i consulenti degli amministratori di condominio, inoltre, appariva ancora più grave considerando quanto questa figura venga regolamentata con obblighi sempre più importanti, grosse responsabilità, si richiedono titolo di studio, formazione iniziale e aggiornamenti annuali obbligatori. E nonostante ciò, il ruolo del consulente tecnico in ambito condominiale, per gli amministratori di condominio, fino ad oggi, restava un sogno. Ora, però. il decreto 109/2023 cambia tutto! Vediamo come…

🔺Quali sono i Requisiti per l’iscrizione all’albo dei consulenti tecnici?
Il decreto 109/23 all’articolo 4 comma 1 è molto chiaro e tassativo a riguardo:
1)I professionisti devono essere in regola con gli obblighi di formazione professionale ove previsti;
2)essere di condotta morale specchiata;
3)dotati di competenze tecniche nelle materie oggetto della categoria di interesse, 4)avere residenza anagrafica o domicilio professionale ai sensi dell’articolo 16 della legge 21 dicembre 1999, numero 526 nel circondario del tribunale.
5)possedere «speciale competenza tecnica» nelle materie della categoria di interesse. Per soddisfare quest’ultimo requisito, occorre avere esercitato l’attività professionale per almeno cinque anni in modo effettivo e continuativo «con specifico riferimento alla categoria e all’eventuale settore di specializzazione».
6)essere iscritti ad una associazione professionale inserita nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, numero 4, che rilasci l’attestato di qualità e di qualificazione professionale dei servizi prestati dai soci Quindi l’amministratore di condominio che sia iscritto ad una associazione e che abbia adempiuto all’obbligo di formazione continua (15 ore annuali), e che abbia gli altri requisiti sopra citati, si può iscrivere all’Albo dei consulenti tecnici di ufficio.

🔺Domande di iscrizione all’albo
Nella domanda di iscrizione all’albo, tra i punti da indicare, a pena di inammissibilità, figurano la categoria e il settore di specializzazione, le generalità e la Pec, la formazione scolastica e i titoli di studio, il curriculum scientifico, l’ente a cui si è iscritti, le dichiarazioni sulla posizione penale e l’attività professionale degli ultimi cinque anni. Si possono indicare anche:
– gli eventuali corsi formativi per acquisire competenze nell’ambito della conciliazione, sul processo e sull’attività del Ctu;
– la dichiarazione di non aver riportato negli ultimi cinque anni sanzioni disciplinari più gravi di quella minima del proprio ordinamento;
– la dichiarazione di essere in regola con gli obblighi di formazione professionale continua (vanno indicati anche i crediti ottenuti) e con gli obblighi contributivi e previdenziali e dovrà dettagliare l’attività professionale svolta, con particolare riguardo a quella degli ultimi cinque anni.

Le domande di iscrizione possono essere presentate tra il 1° marzo e il 30 aprile e tra il 1° settembre e il 31 ottobre di ciascun anno e il comitato ha tempo per valutarle 180 giorni dalla presentazione.

Attenzione!! Per mantenere l’iscrizione, sono necessari l’esercizio continuativo dell’attività professionale e il rispetto degli obblighi formativi. I consulenti saranno chiamati, entro il termine stabilito dal comitato, a formulare domanda di conferma, aggiornando o integrando eventualmente le dichiarazioni già rese con la domanda di iscrizione; se non si presenta la domanda di conferma si procede alla cancellazione, ma è sempre possibile presentare in seguito una nuova domanda di iscrizione.