Come sappiamo, dal 2024 il Superbonus 110% , di fatto, non esisterà più, ma forse ciò che ancora ignoriamo è che a breve potrebbero partire delle nuove imposte atte a scoraggiare eventuali speculazioni.
Il governo infatti, per sanare la ferita aperta nei conti pubblici dai bonus edilizi, sta cercando il modo di fare cassa per recuperare parte di quanto speso. Come lo farà? Mettendo alle strette chi ha ristrutturato con lʼintenzione di rivendere a un prezzo più alto e quindi guadagnare a spese dello Stato. Una manovra che punta a colpire con una tassazione del 26% le plusvalenze realizzate da chi vende, entro 10 anni dalla fine dei lavori, immobili riqualificati con il Superbonus 110 %. L’obiettivo è far pagare chi è intenzionato a cedere un immobile che si è rivalutato grazie alla più ricca tra le agevolazioni fiscali. Vediamo insieme quali potrebbero essere le novità in legge di Bilancio 2024

🔺Extratassa sulle vendite di immobili riqualificati

La proposta di legge di bilancio prevede un’estensione, da 5 a 10 anni, del periodo di “sorveglianza” durante il quale le vendite di immobili che hanno usufruito del Superbonus 110% pagheranno un carico fiscale maggiorato.
Le conseguenze relative a questo carico riguarderanno il regime dell’indeducibilità dei costi: per i primi cinque anni sarà integrale, mentre dal sesto sarà possibile una deduzione delle metà delle spese sostenute.
Ed è qui che potrebbe entrare in scena anche un’EXTRATASSA: chi venderà una seconda casa che ha beneficiato del superbonus infatti, nell’arco temporale sopra citato (10 anni), andrà incontro al mega prelievo del 26% sulla plusvalenza generata dall’operazione come reddito diverso. Questo significa che chi era intenzionato a speculare sul Supebonus, sarà costretto a “restituire” una parte di quanto ottenuto con l’agevolazione al 110%.

🔺Extratassa: chi sarà esentato?

La legge di bilancio inasprisce la tassazione delle plusvalenze, ma prevede alcune eccezioni:
1)In primo luogo sono esentati gli immobili acquisiti per successione e quelli ereditati dopo la fine dei lavori.
2)Esclusi dalla tassazione delle plusvalenze anche gli immobili adibiti ad abitazione principale dal venditore o dai suoi familiari per almeno i 10 anni precedenti la cessione. 3) E infine la tassazione non scatterà anche nel caso in cui il venditore è un’impresa.

🔺La riclassificazione catastale degli immobili beneficiari del superbonus 110%

La riclassificazione catastale degli degli immobili che hanno usufruito dell’agevolazione massima, comporterà una serie di conseguenze economiche.
Naturalmente la prima casa sarà sempre esente dall’IMU, salvo per le abitazioni di lusso, ma l’incremento della rendita catastale influirà sul calcolo dell’ISEE, con ripercussioni sulle agevolazioni sociali e sulle imposte di registro in caso di rivendita. Non si tratta di una modifica di poco conto, anzi!

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🔺Superbonus, addio 110%, cosa cambia dal 2024

Secondo il governo Meloni, negli ultimi anni la misura del superbonus 110% è risultata particolarmente onerosa, ecco perché l’ha cambiata, fino a smantellarla. È stato previsto, infatti, un calo progressivo dell’incentivo che quest’anno è al 90% ma che nel 2024 calerà ulteriorimente al 70%, oltretutto senza la possibilità di poter usufruire della cessione del credito o dello sconto in fattura. A tal proposito ricordiamo che esiste un altro bonus edilizio – l’ecobonus – che permette di ottenere il 75% (in più anni sì, ma con meno vincoli).
Il superbonus al 110% resta fino a fine 2023, ma solo per le villette unifamiliari e i condomìni con i lavori avviati nel 2022

🔺Cosa sono i “bonifici parlanti” e perché sarà più costoso accedere ai vari Bonus Edilizi

Il bonifico “parlante” è praticamente obbligatorio per accedere ai benefici fiscali previsti dai bonus del governo, perché dà informazioni indispensabili per attestare il pagamento dei lavori di riqualificazione energetica o ristrutturazione, affinché l’Agenzia delle Entrate possa poi risalire ai dettagli della transazione ed eventualmente effettuare i controlli. Il bonifico parlante non è altro che un bonifico ordinario, dunque, che però contiene nella causale delle informazioni prestabilite.
Su questi bonifici, al momento, c’è una trattenuta da parte di banche e Poste italiane dell’8% sul totale del pagamento. La legge di bilancio per il 2024 prevede di aumentare l’aliquota della ritenuta in argomento dall’8% all’11%.
Dunque, la trattenuta sui bonifici per i bonus ristrutturazioni sale dall’8 all’11 per cento. La ritenuta porterà certamente maggiori entrate per le casse dello Stato, il problema però è che l’aumento dell’aliquota diminuirà i soldi che arrivano alle aziende edili, che di conseguenza avranno meno liquidità.

Finalmente una nuova opportunità per la professione dell’amministratore di condominio! A darla è il decreto 109 del ministero della Giustizia del 4 agosto 2023 che aggiorna e regola la figura del “consulente tecnico di ufficio” prevedendo la possibilità di iscrizione all’albo, istituito presso ogni tribunale, anche di tutti quei professionisti per i quali non sia previsto un albo o collegio professionale. E dunque ciò permette anche l’ingresso degli amministratori di condominio, con riferimento alla “consulenza tecnica di ufficio in ambito condominiale”. Questo decreto rende accessibile l’iscrizione all’Albo dei CTU per tutti i professionisti interessati a svolgere attività di consulenza in ambito giuridico, offrendo nuove opportunità per un più ampio coinvolgimento di esperti qualificati nel settore. Come sappiamo, questo ruolo, fino ad ora, non poteva essere ricoperto da un amministratore condominiale non iscritto in un albo o collegio professionale (geometra, commercialista, avvocato, architetto).
Dall’entrata in vigore della legge 4/2013 sulle professioni non riconosciute si era creata una grave incongruenza: in pratica al giudice veniva prescritto di avvalersi esclusivamente di consulenti che solo indirettamente potevano avere reali ed adeguate competenze nella materia su cui erano chiamati a fornire analisi e valutazioni.
L’esclusione tra i consulenti degli amministratori di condominio, inoltre, appariva ancora più grave considerando quanto questa figura venga regolamentata con obblighi sempre più importanti, grosse responsabilità, si richiedono titolo di studio, formazione iniziale e aggiornamenti annuali obbligatori. E nonostante ciò, il ruolo del consulente tecnico in ambito condominiale, per gli amministratori di condominio, fino ad oggi, restava un sogno. Ora, però. il decreto 109/2023 cambia tutto! Vediamo come…

🔺Quali sono i Requisiti per l’iscrizione all’albo dei consulenti tecnici?
Il decreto 109/23 all’articolo 4 comma 1 è molto chiaro e tassativo a riguardo:
1)I professionisti devono essere in regola con gli obblighi di formazione professionale ove previsti;
2)essere di condotta morale specchiata;
3)dotati di competenze tecniche nelle materie oggetto della categoria di interesse, 4)avere residenza anagrafica o domicilio professionale ai sensi dell’articolo 16 della legge 21 dicembre 1999, numero 526 nel circondario del tribunale.
5)possedere «speciale competenza tecnica» nelle materie della categoria di interesse. Per soddisfare quest’ultimo requisito, occorre avere esercitato l’attività professionale per almeno cinque anni in modo effettivo e continuativo «con specifico riferimento alla categoria e all’eventuale settore di specializzazione».
6)essere iscritti ad una associazione professionale inserita nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 7, della legge 14 gennaio 2013, numero 4, che rilasci l’attestato di qualità e di qualificazione professionale dei servizi prestati dai soci Quindi l’amministratore di condominio che sia iscritto ad una associazione e che abbia adempiuto all’obbligo di formazione continua (15 ore annuali), e che abbia gli altri requisiti sopra citati, si può iscrivere all’Albo dei consulenti tecnici di ufficio.

🔺Domande di iscrizione all’albo
Nella domanda di iscrizione all’albo, tra i punti da indicare, a pena di inammissibilità, figurano la categoria e il settore di specializzazione, le generalità e la Pec, la formazione scolastica e i titoli di studio, il curriculum scientifico, l’ente a cui si è iscritti, le dichiarazioni sulla posizione penale e l’attività professionale degli ultimi cinque anni. Si possono indicare anche:
– gli eventuali corsi formativi per acquisire competenze nell’ambito della conciliazione, sul processo e sull’attività del Ctu;
– la dichiarazione di non aver riportato negli ultimi cinque anni sanzioni disciplinari più gravi di quella minima del proprio ordinamento;
– la dichiarazione di essere in regola con gli obblighi di formazione professionale continua (vanno indicati anche i crediti ottenuti) e con gli obblighi contributivi e previdenziali e dovrà dettagliare l’attività professionale svolta, con particolare riguardo a quella degli ultimi cinque anni.

Le domande di iscrizione possono essere presentate tra il 1° marzo e il 30 aprile e tra il 1° settembre e il 31 ottobre di ciascun anno e il comitato ha tempo per valutarle 180 giorni dalla presentazione.

Attenzione!! Per mantenere l’iscrizione, sono necessari l’esercizio continuativo dell’attività professionale e il rispetto degli obblighi formativi. I consulenti saranno chiamati, entro il termine stabilito dal comitato, a formulare domanda di conferma, aggiornando o integrando eventualmente le dichiarazioni già rese con la domanda di iscrizione; se non si presenta la domanda di conferma si procede alla cancellazione, ma è sempre possibile presentare in seguito una nuova domanda di iscrizione.

Quando in un edificio condominiale si verificano danni causati da un singolo proprietario esclusivo, l’amministratore può avere il potere di imporre riparazioni all’intero edificio. Cerchiamo di capire insieme quando e come può farlo.

🔺I doveri dell’amministratore di condominio

L’amministratore di condominio è chiamato, ogni giorno, a svolgere una serie (infinita) di compiti e doveri. Tra le sue maggiori responsabilità, ricordiamolo, vi è l’obbligo di garantire la sicurezza dell’edificio condominiale, valutando se e quando occorre eseguire lavori urgenti. Può accadere infatti che l’amministratore di condominio si trovi nella condizione di dovere intervenire tempestivamente per evitare che determinate situazioni o condizioni possano peggiorare. La prassi vorrebbe che, nei casi in cui occorresse discutere di questioni relative alla manutenzione e ai lavori da effettuare, si convochi l’assemblea dei condòmini. Stesso discorso vale nel caso in cui un singolo condomino ritenga necessari dei lavori in condominio: egli deve comunicare tempestivamente all’amministratore l’urgenza dell’intervento o la propria decisione di procedere immediatamente con esso. Premesso ciò, però, vi sono alcuni casi (urgenti) in cui l’amministratore di condominio può e deve fare eseguire lavori anche senza una delibera assembleare.

🔺L’amministratore può fare eseguire lavori urgenti per conto del condominio, senza delibera assembleare?

Come sappiamo, l’amministratore di condominio può provvedere alla manutenzione straordinaria di un oggetto o di una parte comune condominiale in caso di situazioni urgenti, anche senza la preventiva delibera condominiale.
Per esempio se si rompe la maniglia di un portoncino, oppure se occorre riparare urgentemente l’impianto idrico condominiale o anche cambiare una lampadina fulminata. Questi interventi non richiedono alcuna convocazione o delibera assembleare, naturalmente è scontato specificare che i condomini dovranno essere sempre avvertiti della spesa sostenuta tramite apposita documentazione.

🔺Lavori obbligatori urgenti
Sono lavori obbligatori urgenti quelli che incidono sulla salute e sulla sicurezza non solo di chi vive nell’edificio, ma anche di chiunque altro possa trarne uno svantaggio. (Per esempio un passante che viene colpito da una tegola di un tetto pericolante). In casi come questi sussiste una responsabilità civile e penale, che spesso ricade anche sull’amministratore, se non esegue i lavori di adeguamento alla normativa.
Sono urgenti anche lavori di ripristino impianti o strutture di utilità di tutto l’edificio, come un problema all’ascensore o un danneggiamento dell’autoclave in seguito ad un black-out elettrico.

🔺Lavori necessari ma non obbligatori
Rientrano in questa categoria tutte le opere di adeguamento e risanamento dell’edificio propedeutiche al miglioramento delle strutture affinché risultaino più abitabili e confortevoli, oltre a diminuire i consumi energetici e il costo per la gestione da parte di tutti gli inquilini. Alcuni esempi sono: isolamento della copertura, isolamento delle pareti e sostituzione dei serramenti, installazione di valvole termostatiche. Sono certamente lavoro e spese utili e vantaggiosi ma non obbligatori.

🔺L’amministratore può obbligare il condominio a fare dei lavori in casa?

Secondo le leggi, l’amministratore di condominio non ha il potere di obbligare i proprietari di casa o appartamento a fare determinati lavori. Tuttavia, se un singolo appartamento presenta un rischio o un pericolo per l’edificio condominiale o per terzi, egli può costringere il proprietario ad intervenire.
Stesso discorso per i lavori deliberati e approvati dalla maggioranza dall’assemblea di condominio, l’amministratore può obbligare infatti il proprietario a effettuarli, anche se questi si rifiuta di farlo. Riassumendo, benché l’assemblea di condominio non possa prendere decisioni che interferiscano con la proprietà privata dei singoli condomini, come ad esempio obbligare un proprietario a sostituire la propria caldaia, può invece costringere un proprietario a effettuare tali lavori, nel caso in cui siano stati approvati dall’assemblea condominiale.
Attenzione!! Quando la sicurezza collettiva è a rischio, L’amministratore ha il potere di obbligare il singolo condòmino o proprietario a eseguire lavori in casa.
Pensiamo alle infiltrazioni d’acqua derivanti da un balcone o terrazzo di proprietà esclusiva, o a ciò che potrebbero provocare i fumi di una canna fumaria. Dunque, se esiste il rischio che un appartamento possa provocare danni alle parti comuni oppure agli altri appartamenti sottostanti, oppure alla sicurezza di altri condòmini,si può obbligare il privato a intervenire e a riparare il danno.

Lo scorso 30 giugno è arrivata una riforma attesa da ben 10 anni. Il Decreto Legislativo 149/2022 ha introdotto nel nostro ordinamento, la nuova riforma del condominio.
Una riforma, questa, che dovrebbe servire a snellire e a semplificare diversi procedimenti soprattutto quelli riguardanti la mediazione in caso di conflitti. Inoltre conferisce maggiore autonomia alla figura dell’amministratore ed ambisce a migliorare le dinamiche di vita nei condomini italiani. Vediamo quali sono le principali novità della nuova riforma:

🔺La figura dell’amministratore
Oggi più che mai, la figura dell’amministratore di condominio è determinante nella vita condominiale, ecco perché la riforma ne rafforza il ruolo soprattutto attraverso l’introduzione dell’obbligatorietà della mediazione.
Infatti, in precedenza l’amministratore poteva assumere questo ruolo solo se preventivamente approvato dall’assemblea con un voto di maggioranza, ora con con la riforma il ruolo di mediatore andrà automaticamente al professionista.

🔺Lavori straordinari e fondo speciale

Per quanto riguarda i lavori straordinari di piccola entità, non è previsto uno specifico quorum; si applica, dunque, una deliberazione a maggioranza semplice, la metà dei presenti nel caso in cui rappresentino almeno 1/3 del valore dell’edificio.
Se parliamo invece di grossi lavori, occorre il consenso della maggioranza dei presenti alla riunione e che rappresentino almeno 500 millesimi, ossia il 50% del valore dell’immobile intero. Inoltre, la riforma del condominio ha stabilito che, quando la maggioranza delibera dei lavori straordinari (di ristrutturazione o di innovazione) é necessaria la creazione di un fondo speciale di importo pari al costo del lavoro. Se quindi per esempio, il preventivo di un’impresa ammonta a 10.000 euro, l’assemblea deve creare un fondo speciale di tale importo.

🔺Animali domestici
Grazie alla nuova riforma Il regolamento condominiale non può più vietare la presenza degli animali in condominio. Naturalmente occorre seguire delle regole di buon senso, per tutelare il decoro, la pulizia del condominio e la sicurezza… come per esempio pulire sempre gli spazi comuni sporcati dall’animale e, in caso di animali ritenuti pericolosi, far indossare loro la museruola.

🔺Morosità e solidarietà sussidiaria
Con la nuova riforma é stato introdotto il principio della “solidarietà sussidiaria”: con l’entrata in vigore della legge é previsto che, se un condominio non paga la sua rata condominiale, essa può gravare sugli altri proprietari anche quelli in regola con i pagamenti.
Ogni condominio contribuirà al debito in base alla proprie tabelle millesimali e comunque sono stati introdotti degli espedienti per prevenire questa situazione.
Attenzione!
Ad ogni modo, l’amministratore è obbligato ad agire in giudizio verso i condomini morosi entro e non oltre i sei mesi dalla chiusura della gestione condominiale, a meno che l’assemblea decida di non procedere.

🔺Condomini minimi
Con la riforma del condominio se il numero di condomini non supera gli otto, non è più obbligatorio nominare un amministratore (prima ne bastavano cinque)
Attenzione, però! Il condominio “minimo” deve comunque dotarsi di codice fiscale e ovviamente non può sottrarsi agli obblighi legali o alle responsabilità civili e penali.

🔺Abbattimento barriere architettoniche
L’accessibilità delle parti comuni a tutti i condomini, anziani e disabili compresi, riveste grande importanza nel condominio. Tuttavia, la riforma ha aumentato il quorum necessario per deliberare l’abbattimento di barriere architettoniche.
Mentre prima bastava un terzo dei presenti in assemblea, ora con la riforma é necessaria almeno la metà dei presenti alla riunione e che costituiscano almeno il 50% del valore millesimale dell’immobile intero (sia in prima che seconda convocazione assembleare).

🔺Cambio destinazione d’uso parti comuni
La modifica d’uso delle parti comuni deve essere deliberata dall’assemblea dei condomini con una maggioranza di almeno i 4/5 dei presenti e di almeno i 4/5 del valore dell’edificio. La riforma ha quindi previsto un quorum più alto rispetto a quelli ordinari.

🔺Altre novità
• Serviranno nove condomini, e non più cinque, per l’obbligatorietà di avere un amministratore il quale potrà restare in carica due anni e per la sua revoca non occorre più la maggioranza dei condomini ma anche che sia un solo condomino a ricorrere.

• Ogni condomino può staccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato se questo non crea dei disagi agli altri proprietari. Attenzione, però, Il singolo condomino può farlo solo se lo prevedono le leggi regionali, provinciali o comunali.

• È possibile inoltre istallare parabole e pannelli solari nelle parti comuni senza l’approvazione dell’assemblea, a condizione che non si intacchi il decoro dell’immobile.

In ambito giuridico, quando si parla di responsabilità, ci si può riferire sia alla “responsabilità civile” (quando vengono violate delle norme del codice civile) che alla “responsabilità penale” (quando invece vi è una violazione di una norma del codice penale).
L’amministratore di condominio, nell’esercizio del suo mandato, potrebbe rendersi responsabile civilmente e/o penalmente, qualora violasse gli obblighi assunti contrattualmente con il condominio, oppure tenendo un comportamento che costituisce reato e, dunque, sanzionabile dalla legge penale.

LA RESPONSABILITÀ CIVILE si divide in:

🔺Responsabilità contrattuale
Riguarda i rapporti fra privati che hanno assunto obbligazioni specificate in un contratto, ed è regolata dall’articolo 1218 del codice civile secondo cui “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.

🔺Responsabilità extracontrattuale.
Si riferisce all’inosservanza di norme civile che prescrivono la tenuta di determinati comportamenti, ed è regolata dall’articolo 2043 del codice civile secondo cui “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

🔺Quali sono gli obblighi e i doveri che riguardano l’incarico di amministratore di condominio?
Gli obblighi e i doveri più importanti dell’amministratore sono:
• eseguire le delibere delle assemblee, le quali saranno convocate almeno una volta l’anno per l’approvazione del bilancio;
• far osservare il regolamento condominiale;
• verificare la regolarità della contabilità condominiale, tenere i relativi registri e provvedere agli adempimenti fiscali;
• tenere i registri di anagrafe condominiale e quelli della nomina e della revoca degli amministratori;
• regolare l’uso e il godimento delle parti comuni, riscuotere i contributi e provvedere alle spese di manutenzione dei servizi comuni;
• conservare la documentazione inerente al rapporto amministratore/condominio, alla gestione tecnico amministrativa dello stesso;
• fornire ai condomini eventuali documenti richiesti;
• aprire ed utilizzare un conto corrente intestato al condominio;

🔺Responsabilità civile contrattuale dell’amministratore di condominio
Non osservare i doveri pocanzi citati, attribuitigli dalla legge, comporta la responsabilità dell’amministratore sul piano civile. Bisogna ricordare infatti che il rapporto tra l’amministratore e il condominio è regolato dalle norme sul mandato, si tratta a tutti gli effetti di un contratto tra le parti, nel quale l’amministratore assume il dovere di eseguire l’incarico conferitogli con serietà e diligenza. La violazione degli obblighi assunti nei confronti del condominio, comporterà dunque una responsabilità contrattuale dell’amministratore.

🔺La mala gestio dell’amministratore di condominio
Si parla di “mala gestio” dell’amministratore quando a questi è imputabile una cattiva gestione del condominio: dalla tenutà della contabilità alla gestione amministrativa, e in ogni caso tutto ciò che riguarda gli obblighi e i doveri a capo del professionista, durante tutta la durata del suo mandato.
La mala gestio dell’amministratore di condominio determina una responsabilità contrattuale dello stesso, alla quale possono conseguire danni di natura patrimoniale e non patrimoniale al condominio e ai condomini. In entrambi i casi il condominio o i singoli condomini possono agire in giudizio per domandare il risarcimento del danno.

LA RESPONSABILITÀ PENALE:
L’amministratore è penalmente responsabile se:
• non adotta le misure necessarie alla sicurezza nell’edificio condominiale;
• non fa eseguire lavori in parti dell’edificio in fase di rovina.
• non osserva norme di pubblica sicurezza o norme di legge.
• inottempera ad obblighi previdenziali e assicurativi del personale impiegato nel condominio;
• non interviene per evitare che si creino situazioni di pericolo.

🔺Ulteriori ipotesi di responsabilità penale dell’amministratore di condominio
Esistono altre norme nel codice penale che, se violate dall’amministratore di condominio, possono costituire una sua responsabilità penale.
Si tratta ad esempio:
• degli articoli 594 e 595 del codice penale sui reati di ingiuria e diffamazione ( l’amministratore vi può incorrere ad esempio durante un’assemblea condominiale dai toni esasperati);
• l’articolo 614 del codice penale sulla violazione di domicilio. L’amministratore non può introdursi nell’abitazione di un condomino contro la sua volontà, commetterebbe reato;
• l’articolo 646 del codice penale sul reato di appropriazione indebita, nel caso in cui l’amministratore in uscita non riconsegni i documenti al condominio;
• truffa aggravata ai sensi degli articoli 61, n. 11 e 640 del codice penale quando ad esempio l’amministartore redige un rendiconto non veritiero;
• violazione della privacy dei condomini.

ATTENZIONE‼️ Qualora il comportamento tenuto dall’amministratore di condominio integri un’ipotesi di reato si può procedere con la denuncia o la querela del reato alla pubblica autorità.

Come sappiamo, chi vive in un condominio è tenuto a pagare le spese comuni, ossia quelle che vanno dalla pulizia degli spazi comuni, fino a quelle che riguardano l’elettricità o l’acqua utilizzata in condivisione da tutti i condomini.
Nel momento in cui un condòmino non paga le spese comuni dovuti, questo diventa moroso.

In questi casi, l’amministratore del condominio può adire le vie legali, nei confronti dei condòmini morosi, sia in fase di preventivo che di rendiconto. Non serve l’autorizzazione dell’assemblea perché, in base ai dettami dell’art. 1130 del Cod. Civ., questa è una sua attribuzione.
Tuttavia, affinché egli possa agire nei confronti dei condòmini morosi è necessario che il debito sia certo, scaduto e quindi sigibile.

A questo punto, l’amministratore è tenuto ad agire, per riscuotere le quote condominiali non versate dai condòmini morosi, in forza del 1° comma dell’Art. 63 delle Disp. Di Att. (norma inderogabile del Cod. Civ). Egli dovrà provvedere al recupero dei crediti, con un procedimento che, purtroppo, è decisamente più lento e complesso rispetto a quello previsto per altri tipi di debito.

Tuttavia l’amministratore ha l’obbligo, e non la semplice facoltà, di:

✅ agire contro chi non ha pagato entro un massimo di 6 mesi che decorrono dall’approvazione del piano di riparto da parte dell’assemblea;

✅ nominare un avvocato di propria fiducia (anche senza chiedere l’autorizzazione all’assemblea), il quale avrà il compito di chiedere al tribunale un decreto ingiuntivo che dovrà essere notificato al moroso.

✅ dopo la notifica dell’atto di precetto, scatterà un ultimo avvertimento a pagare entro 10 giorni le somme dovute non ancora corrisposte. Qualora, al termine di questo tempo, dovesse confermarsi l’inadempimento, potranno essere avviate delle azioni esecutive anche di tipo immobiliare.

🔺Il ruolo del creditore!

Contestualmente, può verificarsi che uno dei creditori decida di agire contro il condominio per il pagamento della propria fattura. Il creditore ha anche la facoltà di chiedere un decreto ingiuntivo in tribunale e, dunque, avviare le azioni esecutive. Potrà inoltre esigere dall’amministratore l’elenco completo di tutti i condomini in stato di mora e, così, potrà agire direttamente contro di loro. L’amministratore è dunque tenuto a fornire tutti i dati dei propri assistiti morosi, così come previsto dal già citato art. 63 delle Disposizioni di attuazione al codice civile. Se il creditore non dovesse essere soddisfatto dai condomini morosi, potrà altresì agire contro gli altri proprietari in regola con i pagamenti.
RIBADIAMO!! Quello della morosità di un singolo condòmino non è un problema di poco conto, visto e considerato che l’inadempienza del singolo può portare dei danni all’intera comunità. Il creditore insoddisfatto dal condomino moroso, infatti, può decidere di rifarsi sull’interno condominio e, dunque, anche su coloro che avevano provveduto a pagare regolarmente le somme dovute.

🔺Quando il moroso è un inquilino

L’amministratore del condominio, ricordiamolo, può ottenere decreto ingiuntivo solo nei confronti del condomino proprietario che è il soggetto tenuto a corrispondere le somme dovute per il pagamento delle rate condominiali per beni e servizi comuni, ma non di un inquilino. Se per due mesi consecutivi l’inquilino non paga le spese condominiali, pattuite nel contratto di locazione registrato, il condomino proprietario, su sollecito di pagamento fatto dall’amministratore delle spese condominiali ordinarie non pagate, può anche ottenere lo sfratto.

🔺La documentazione per il recupero crediti

La documentazione da produrre al legale per il recupero è:
• copia del preventivo e/o del rendiconto dell’esercizio finanziario approvato dall’assemblea regolarmente ripartito ed inviato al condomino moroso;
• copia conforme all’originale, (autenticata dall’amministratore), del verbale assembleare contenente l’approvazione del preventivo e/o del rendiconto, sempre regolarmente inviato al condomino moroso;
• Lettera/e di sollecito inviata/e al condomino moroso e relativa/e ricevuta di spedizione e/o di ritorno.
– Il legale potrebbe richiedere altra documentazione, oltre queste sopra citate, come per esempio copie di verbali assembleari precedenti, comunicazioni ulteriori inviate al condomino o situazioni debitorie e creditorie del condominio inviate a tutti i condomini.

Se l’amministratore non riesce a produrre una corretta documentazione, difficilmente riuscirà a riscuotere le morosità.

🔺Amministratori è condòmini: regole sulla privacy

Considerando che l’amministratore di condominio è tenuto anche a gestire una lunga serie di dati dei condomini, come i loro riferimenti anagrafici, numeri di telefono o gli indirizzi email e che si tratta di dati sensibili della privacy, è importante che lo faccia nella maniera più idonea e rispettosa, soprattutto nel caso di situazioni particolari, come ad esempio la morosità.

Inutile specificare che l’amministratore di condominio non dovrebbe mai divulgare al pubblico i dati sensibili dei propri assistiti. Li riceve, li conserva e può comunicarli a soggetti terzi solo e unicamente dopo aver ottenuto espresso consenso da parte del diretto interessato. Questo comportamento vale ancora di più quando qualcuno che vive all’interno dello stabile gestito dall’amministratore diventa moroso.
Per quanto riguarda la morosità dei condomini e la tutela della loro privacy, prevista dal Garante, possiamo dire che l’amministratore:
• non può comunicare ad estranei lo stato di messa in mora di un condomino, a meno che il soggetto terzo non sia il creditore del condominio che ha ottenuto dal tribunale il decreto ingiuntivo;
• può però farlo in assemblea, sempre che siano presenti solo i condomini;
• non può esporre nella bacheca condominiale, sul sito internet dedicato al condominio o, comunque, in qualsiasi luogo accessibile a tutti, delle richieste di pagamento. Tale divieto deriva dal fatto che la morosità di un condomino rappresenta un dato che deve restare privato.

Come sappiamo, un condominio con almeno 9 condòmini, deve obbligatoriamente avere un amministratore di condominio. È bene sapere che, ai sensi dell’articolo 71bis delle disposizioni di attuazione al Codice civile, può essere nominato amministratore solo chi ha frequentato prima un corso di formazione iniziale, continuando poi con la formazione periodica annuale in materia di amministrazione condominiale.
Come abbiamo premesso, la norma dell’articolo 71bis prevede due obblighi imprescindibili per l’amministratore:
• aver partecipato ad un corso di formazione iniziale (ossia svolto prima della nomina);
• partecipare alla formazione periodica (da svolgere annualmente).
In mancanza di questi due obblighi fondamentali, l’amministratore di condominio non può svolgere la professione, in quanto VIOLA LA LEGGE.

🔺La formazione è obbligatoria quando l’amministratore è un condomìno?
Se i compiti di amministratore vengono delegati a uno dei condomìni dello stesso stabile, la formazione allora non è necessaria. Inutile specificare però che, in tal caso, il condominio si assume tutti gli eventuali rischi e conseguenze della mancata e adeguata formazione di colui che si occuperà della gestione del loro immobile.

🔺ATTENZIONE! È importante tener conto che, considerando il numero di adempimenti che un amministratore deve curare, e la responsabilità (anche penale) cui egli è sottoposto, è sempre bene nominare una professionista che abbia la preparazione adeguata, e che, soprattutto, si aggiorni regolarmente vista l’evoluzione continua della normativa in materia.

🔺I CORSI DI FORMAZIONE
I corsi di formazione devono esser tenuti da professionisti in campo giuridico ed economico, esperti nell’amministrazione condominiali, e deve esserci anche un responsabile scientifico. Il corso di formazione iniziale deve essere di almeno 72 ore di lezione. Invece, quelli di formazione periodica devono avere una cadenza annuale e devono prevedere almeno 15 ore di lezione per corso.

Gli argomenti trattati nei corsi di aggiornamento:
• amministrazione condominiale: compiti e poteri dell’amministratore;
• diritti reali in materia di proprietà edilizia e comproprietà degli edifici;
• sicurezza degli edifici (requisiti di staticità, di risparmio energetico,sistemi di riscaldamento, impianti idrici, etc.);
• problematiche e controversie relativi all’uso degli spazi comuni, ai regolamenti condominiali, alla ripartizione dei costi in base alle tabelle millesimali;
• normativa urbanistica;
• contratti, in particolare quello d’appalto e di lavoro subordinato;
• contabilità;
• tecniche pratiche di risoluzione dei conflitti;
• informatica.
A fine corso, viene rilasciato un attestato di Esperto in amministrazione condominiale ed immobiliare, che dimostri il superamento di un esame valutativo.

🔺L’assemblea ha diritto di chiedere all’amministratore gli attestati?
L’assemblea di condominio può chiedere all’amministratore di esibire gli appositi attestati o certificati rilasciati dagli organizzatori dei corsi: ciò vale sia per il corso iniziale che per la formazione periodica.

🔺Si può revocare l’amministratore di condominio che non partecipa ai corsi di formazione?
Assolutamente sì! Il condominio può revocare l’amministratore se questo non ha frequentato il corso iniziale di formazione, o se non si aggiorna periodicamente e soprattutto se non esibisce all’assemblea gli attestati di formazione, nonostante la richiesta di quest’ultima.
In queste ipotesi, ciascun condomino può rivolgersi al tribunale per chiedere e ottenere la revoca giudiziale dell’amministratore che non documenti la frequenza dei corsi di aggiornamento periodico.
Si ritiene nulla la nomina di un amministratore che non abbia mai frequentato il corso di formazione iniziale o non sia in regola con la formazione periodica già al momento della nomina.

🔺ATTENZIONE!

Si tenga conto che questo obbligo si estende anche a tutte le categorie di professionisti che decidono di svolgere anche quella di amministratore condominiale. Ad esempio, anche il commercialista È TENUTO ad effettuare il corso di formazione per l’abilitazione e la formazione periodica prevista dal D.M. 140/2014. Non è sufficiente per assolvere ai doveri stabiliti dall’articolo 71 bis disp att c.c. contare solo sulla formazione del proprio ordine di appartenenza.

L’amministratore di condominio, una volta assunto l’incarico, ha il compito di occuparsi della gestione del condominio rispettando una serie di doveri e responsabilità specificatamente indicate dalla legge. Premesso ciò, la domanda nasce spontanea: questo professionista è tenuto per legge, a rispondere sempre e a tutte le richieste di ciascuno condòmino?
Diciamo subito che l’amministratore di condominio deve per legge ( in alcune situazioni per obbligo e dovere e in altre per cortesia) rispondere non solo ai consiglieri ma anche a qualsiasi condomino che lo interpelli sottoponendo qualche quesito o richiesta.

🔺 Ha l’obbligo di rispondere a qualsiasi condòmino nei seguenti casi:
• se un qualsiasi condòmino chiede copia dei registi condominiali o del regolamento di condominio e delle tabelle;
• se un qualsiasi condominio chiede la convocazione dell’assemblea per deliberare lavori straordinari ad esempio quelli relativi all’abbattimento di barriere architettoniche;
• se la richiesta è per accedere ai documenti condominiali;
• se si chiede l’attestazione dello stato dei pagamenti;
• se si chiede la convocazione dell’assemblea di condominio per deliberare la revoca dal suo stesso ruolo;
• in ogni situazione in cui una risposta da parte dell’amministrazione di condominio è dovuto per contratto, per esempio nei casi di segnalazioni danni, o di guasti di cose comuni, richieste di danni, ecc;

🔺 Casi in cui l’amministratore non è tenuto a rispondere a ogni singolo condòmino

Precisiamo, però, che non sempre l’amministratore di condominio che non risponde ai condomini è inadempiente perchè ci sono casi in cui, per legge, l’amministratore non è tenuto a rispondere a qualsiasi condòmino. Per esempio, nei casi di richieste inutili, o di preoccupazioni infondate, o, ancora, quando un condomino fa domande o richieste già fatte e a cui l’amministratore ha già risposto. L’amministratore di condominio non ha, infine, alcun obbligo di rispondere ai condomini se interpellato nelle situazioni di rapporti tra vicini. In questo caso, infatti, non sussiste alcun dovere nè responsabilità dell’amministratore.

🔺 Molestie e stalking nei confronti dell’amministratore di condominio

Attenzione! Occorre sapere che, nonostante l’amministratore sia obbligato a informare i mandanti (condòmini) e di agire nel loro interesse, il rapporto contrattuale non giustifica chiamate continue, messaggi inopportuni e altre condotte che possano turbare la normalità della vita dell’amministratore.
È bene quindi non stressare eccessivamente l’amministratore, altrimenti c’è il rischio di una condanna per stalking.
Lo stalking ai danni dell’amministratore di condominio si verifica ogni volta che:
• la condotta del singolo condòmino possa essere qualificata come minacciosa o molesta;
• la medesima condotta sia ripetuta a breve distanza di tempo per almeno due volte (non costituisce stalking, ad esempio, quattro telefonate fatte a distanza di molti mesi);

È bene sapere che lo stalking condominiale verticale ai danni dell’amministratore si può verificare anche nel caso in cui la richiesta del condomino sia legittima. Per esempio anche qualora un condòmino insistesse per vedere la documentazione condominiale in possesso dell’amministratore, e l’amministratore di condominio fosse obbligato ad esibirla!
Così come è vero che se l’amministratore si oppone alla legittima richiesta, di uno o più condomini, incorre nella responsabilità civile prevista dal codice, con tanto di rischio di revoca… altrettanto vero è che se le richieste sono insistenti e diventano moleste, allora la condotta del condòmino rischia di integrare il delitto di stalking. Ciò avviene dunque anche se il rifiuto dell’amministratore è ingiustificato.
I condòmini, contro il diniego illegittimo dell’amministratore, possono al massimo agire utilizzando gli strumenti legali a loro disposizione (ad esempio, chiedendo al giudice di ordinare all’amministratore l’esibizione documentale), senza la necessità di sfociare in una condotta penalmente rilevante.
( Anche un creditore che tormenta il proprio debitore per ottenere la riscossione di quanto dovuto risponde di stalking se supera i limiti dell’agire consentito!!)

🔺 Stalking all’amministratore: esempi

Rientrano nella stalking tutti i comportamenti reiterati di tipo persecutorio come minacce, molestie o atti lesivi che possono creare un disagio psichico o fisico, che condizionano lo svolgimento di una normale vita quotidiana.

Costituiscono molestie suscettibili di tramutarsi in stalking le continue richieste (anche se legittime!!) inoltrate all’amministratore a tutte le ore del giorno e/o della notte; le telefonate e i messaggi assillanti; i pedinamenti e gli appostamenti.
Costituiscono stalking ai danni dell’amministratore le continue ingiurie e diffamazioni sul suo conto, i danneggiamenti, le velate minacce e ogni altro tipo di intimidazione.

Attenzione! Contro questi comportamenti, l’amministratore è legittimato a sporgere querela entro il termine massimo di sei mesi dall’ultimo atto molesto

L’audizione di ANCE, presso la Commissione Finanze della Camera, in riferimento al D.L. n. 11/2023 con le misure urgenti in materia di cessione dei crediti, è stato solo il principio di una serie di discussioni che sicuramente si protrarranno finché il decreto non diverrà legge.
Il Vice Presidente ANCE Edilizia e Territorio, Ing. Stefano Betti, ha espresso infatti grande preoccupazione per la situazione ‘esplosiva’ che si è creata con l’approvazione del Decreto, che, a suo dire, non solo non risolve il problema dei crediti incagliati legati ai bonus edilizi, ma peggiora ulteriormente e gravemente la situazione. Betti ha stimato che se i 19 miliardi di euro, di credito già maturati, non saranno pagati, a rischiare saranno ben 115.000 cantieri di ristrutturazione, in tutta Italia. Stiamo parlando di oltre 32.000 imprese e 170.000 lavoratori, numeri che raddoppiano se si considera l’indotto. Il 2022 è stato un anno in cui, grazie al traino del settore delle costruzioni, l’economia italiana è cresciuta molto. Adesso però il Decreto Cessioni infligge un duro colpo e, secondo le stime dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili, il suo effetto porterà il Paese addirittura in recessione! Perché se la cessione dei bonus sarà reso impossibile da questo nuovo decreto , le imprese di costruzione avranno carenza di liquidità che le porterà, nel giro di poco tempo, al fallimento.
ANCE ha sottolineato inoltre che gli effetti non si circoscrivono a quanto detto ma si estenderanno a tutti i settori collegati, ai fornitori, ai numerosi professionisti coinvolti, alle banche e naturalmente alle famiglie! Senza parlare del rischio di migliaia di probabili contenziosi.
Per scongiurare questo collasso economico, è assolutamente necessario trovare soluzioni certe e repentine, ribadisce ANCE, occorre sbloccare i crediti pregressi.
“Qualsiasi altra soluzione parziale, come l’intervento sulla responsabilità solidale contenuto nel decreto-legge, non risolve il problema in quanto non interviene sul problema principale, quello di individuare i soggetti che possono monetizzare crediti pregressi. In particolare, non si può pensare di sbloccare una situazione così incancrenita, dopo mesi di cambi di normativa – solo sul Superbonus, 22 in poco più di 1.000 giorni vale a dire una modifica ogni 45 giorni – e di stop and go, con un mero invito alle banche a comprare”, ha ribadito Betti.
È indispensabile far sì che si completino i lavori già avviati, altrimenti i danni a famiglie ed imprese saranno irreparabili.

🔺Sblocco dei crediti pregressi: le proposte di ANCE

Due sono le strade da seguire:
• Approvare la proposta di utilizzo degli F24 a compensazione dei crediti maturati
• Attivare subito il circuito degli acquisti da parte delle istituzioni e aziende statali

ANCE propone che banche e Poste SpA possano compensare le somme relative agli F24 della clientela con i crediti di imposta originatisi a seguito del sostenimento, nelle annualità 2021 e 2022, delle spese per gli interventi agevolati con i bonus edilizi, che imprese e contribuenti non sono riusciti ancora a cedere.
Il medesimo iter di compensazione dovrebbe essere previsto anche per i crediti d’imposta relativi ad interventi già avviati alla data del 17 febbraio 2023, secondo i criteri individuati dal Decreto Cessioni.
Inoltre, afferma ANCE, è assolutamente indispensabile coinvolgere immediatamente istituzioni e aziende statali (CDP, RFI, ENEL, ENI, SNAM, Fincantieri, ecc.) sul mercato dei crediti fiscali come soggetti acquirenti, in modo da alleggerire i plafond fiscali degli istituti bancari.

🔺Miglioramento della disciplina transitoria

Nell’audizione è stato ribadito che le condizioni specificate nel Decerto Cessioni, a salvaguardia del transitorio, sono riduttive e superficiali rispetto alla complessità delle reali situazioni che esistono nei cantieri italiani.
Secondo ANCE è necessario migliorarne il contenuto tenendo conto di svariati aspetti:

• “Sismabonus acquisti”
• Ricostruzione post sisma
• Realizzazione dei progetti IACP avviati
• Condizioni per interventi con molteplici titoli abilitativi
• Disciplina per interventi di edilizia libera
Per quanto riguarda il Sismabonus acquisti, bisognerebbe garantire la possibilità di utilizzare la cessione del credito o lo sconto in fattura per tutte le operazioni per le quali, al 16 febbraio 2023, risulti presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo relativo agli interventi di demolizione e ricostruzione o a quelli di ristrutturazione effettuati da imprese.
Idem per gli interventi per cui è garantito il Superbonus fino al 2025: la possibilità di utilizzare il meccanismo della cessione del credito d’imposta o dello sconto in fattura.
Ancor di più nel caso di interventi relativi alla ricostruzione post sisma che rischia altrimenti di arrestarsi gravemente.
Stesse garanzie anche per gli IACP, se al 16 febbraio 2023, sia stata già presentata la CILAS e, nell’ipotesi di intervento su edificio condominiale, sia stata anche adottata la delibera assembleare.

🔺Bonus minori

Nel caso dei bonus minori, la norma attuale rischia di escludere dalla deroga del blocco numerosi interventi, in particolare modo quelli di “edilizia libera” per i quali non sia possibile individuare una precisa data di inizio lavori, lavori spesso eseguiti in una giornata e che s’intendono “avviati” già al momento della conclusione dell’ordine d’acquisto dei materiali necessari (tipo la sostituzione di infissi o della caldaia). Bisogna quindi estendere la deroga agli interventi per i quali, alla data del 16 febbraio 2023, sia stato concluso l’ordine d’acquisto dei beni impiegati nei medesimi interventi agevolati.

Cosa accadrà nei prossimi giorni? Il Governo ascolterà il monito e le richieste di ANCE?
La storia infinita del Superbonus continua…

Sapevate che, secondo le statistiche del Ministero della Giustizia, sarebbero oltre 1 milione le cause civili pendenti in Italia, relative a liti condominiali?
Ecco, questo fa capire quanto sia complicata la vita nei condomini del nostro Paese! Spesso le discussioni condominiali sono talmente esasperate che, in alcuni casi, turbano l’ordine pubblico e in altri portano addirittura a commettere reati gravissimi contro le persone.
Eppure i motivi delle discordie sono spesso banali.
Proviamo a stilare una sorta di “classifica”, così giusto per renderci conto di quanto, spesso, si litighi per sciocchezze di poco conto:

1 rumori o odori nelle aree comuni o negli appartamenti vicini;
2 rumori causati da bambini che giocano nel cortile;
3 collocazione in aree comuni di oggetti o veicoli di singoli condomini;
4 sgocciolamento dovuto all’innaffiatura di piante sui balconi;
5 animali domestici tenuti nelle aree comuni;
6 decoro esterno del condominio (bucato steso, tovaglie sporche sbattute).

È a causa di queste problematiche che i quasi due milioni di condòmini, ogni anno, si rivolgono alla Giustizia. Bisogna dire che spesso tali ricorsi vengono respinti, ma capita anche che ci si trovi invischiati in cause civili costose, che durano anni ed anni, e delle quali non si conosce neppure l’esito.
Oltre al fatto che ne risente anche la sfera psicologica, in quanto si perde la serenità personale e il piacere di vivere a casa propria per colpa di futili liti e controversie.
Diciamolo, la soluzione più valida per ridurre le conflittualità sarebbe certamente la ripresa del dialogo fra le parti litiganti, tra vicini di casa o fra Amministratori di condominio e condòmini.
Tuttavia, non sempre si riesce in tale intento e in questo caso la materia condominiale obbliga alla mediazione prima di avviare un eventuale giudizio.

Quali sono le tematiche condominiali oggetto di mediazione?

Tutte le  controversie che derivano dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni contenute nel codice civile in tema di condominio, nulla escluso. Vi rientrano le questioni relative alle parti comuni dell’edificio, a migliorie, innovazioni, manutenzione e ricostruzione.
E poi quelle quelle relative alla ripartizione delle spese, l’impugnativa delle delibere, lo scioglimento del condominio, la revisione delle unità immobiliari, le infrazioni al regolamento etc…

Il Condomino o l’Amministratore del Condominio presentano la domanda di mediazione a un Organismo di Mediazione, ubicato nel circondario del Tribunale dove si trova il Condominio.

Qual è il ruolo dell’Amministratore del condominio in caso di mediazione? Cosa prevede la nuova riforma?
Attenzione! La riforma del processo civile attuata con il Decreto Legislativo n. 149/2022 ha modificato la materia stabilendo che la mediazione in condominio possa avvenire anche senza previa autorizzazione all’amministratore da parte dell’assemblea. Una rottura rispetto alla normativa precedente che costringeva l’amministratore a convocare con urgenza i condòmini per ottenere il consenso a partecipare all’incontro di mediazione o, in mancanza dello stesso, a presentarsi alla mediazione senza il nulla osta per chiederne un rinvio propedeutico a una repentina convocazione dell’assemblea.
In pratica, l’amministratore non è più obbligato a convocare l’assemblea dei condòmini per chiedere di essere autorizzato ad avviare o a partecipare ad un procedimento di mediazione.
In precedenza ogni passaggio della mediazione, dall’avvio fino agli incontri o alla discussione dei contenuti della stessa, andava sottoposto all’esame e al voto dell’assemblea.
La nuova riforma consente invece all’amministratore del condominio di attivare, aderirvi e partecipare alla mediazione senza la preventiva delibera assembleare.
L’assemblea dovrà però approvare Il verbale contenente l’accordo di conciliazione o la proposta conciliativa del mediatore, in pratica interverrà solo nella fase di accordo finale.
È chiaro che la mediazione non potrà mai concludersi con un solo incontro: l’amministratore infatti dovrà chiedere un rinvio per convocare l’assemblea e ottenere da questa l’autorizzazione a firmare il verbale di mediazione.
Questo nuovo iter della mediazione in condominio ha efficacia già a partire da febbraio 2023.

Come si svolge praticamente una mediazione?

🔺Per le controversie in materia di condominio la domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato.
🔺Al procedimento di mediazione, senza bisogno dell’autorizzazione dell’assemblea dei condomini, il condominio è legittimato a partecipare nella persona dell’amministratore.
🔺L’Organismo nomina il Mediatore, informa la parte invitata in mediazione e fissa l’incontro.
🔺Le parti sono assistite da un legale di fiducia e, di fronte al Mediatore, espongono le ragioni della controversia e discutono cercando di intercettare una soluzione condivisa, di mutua utilità.
🔺Eventualmente le parti, su richiesta, possono incontrare il Mediatore anche in sessioni separate.
🔺Durante la mediazione si possono trattare tutti gli aspetti della controversia, compresi i dettagli che riguardano i rapporti interpersonali affinché si possano intercettare soluzioni più durature ed efficaci.
🔺È importante sapere che l’accordo di mediazione, una volta sottoscritto dai legali che assistono le parti, ha direttamente valore di titolo esecutivo e consente ogni azione esecutiva, permettendo ogni azione forzata.
🔺Nel caso in cui gli avvocati delle parti non sottoscrivano l’accordo, per divenire titolo esecutivo, dovrà essere omologato dal Presidente del Tribunale territorialmente competente, una procedura comunque rapida.