Quando l’amministratore ha diritto di entrare in casa dei condòmini? Quando no?

Avv. Alessandro Gallucci

Si sente spesso dire che l’amministratore ha necessità di accedere alle unità immobiliari in proprietà esclusiva, per sopralluoghi, verifiche, ecc. ma il condòmino non glielo consente.

È meno frequente, ma non raro che si senta dire che l’amministratore è troppo invadente, pretende di entrare negli appartamenti senza preavviso e prefigurando conseguenze nefaste ove sia impedito l’ingresso.

Insomma l’accesso alle abitazioni da parte dell’amministratore di condominio è questione che fa discutere e rispetto alla quale, anche in ragione delle domande che spesso ci giungono, merita attenzione.

Accesso al fondo altrui, le regole generali

Ai sensi dell’art. 843, primo e secondo comma, c.c.

“Il proprietario deve permettere l’accesso e il passaggio nel suo fondo, sempre che ne venga riconosciuta la necessita, al fine di costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure comune.

Se l’accesso cagiona danno, è dovuta un’adeguata indennità.”

Ai fini che ci interessano l’abitazione e le parti comuni di un edificio in condominio devono essere considerati una sorta di fondi confinanti, sicché il condòmino è tenuto a dare accesso alla sua abitazione, come dice la norma sempre che ne sia riconosciuta la necessità, se ciò serve alla manutenzione e conservazione delle parti comuni dell’edificio.

Si badi: il fatto che concedere l’accesso al fondo è obbligatorio se ne venga riconosciuta la necessità vuol dire che l’accedente può farlo, in mancanza di accordo volontario, solamente se un giudice dispone questa possibilità che va valutata considerando ogni alternativa normalmente praticabile per raggiungere il medesimo risultato.

Oltre all’accesso per lavori, c’è un’altra possibilità, che poi è quella che si attaglia al caso descrittoci dal nostro lettore: l’esercizio di una servitù.

Recita l’art. 1027 c.c. “La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario”.

Nel nostro caso la servitù consiste nel diritto di accesso per poter intervenire sugli impianti condominiali, ovvero semplicemente per verificarne lo stato di conservazione

Accesso alle abitazioni da parte dell’amministratore, quando è un diritto

Lo abbiamo accennato, qui vedremo più nello specifico le ipotesi maggiormente ricorrenti in relazione alle quali l’amministratore – con ciò intendendo il condominio – ha diritto di eseguire l’accesso nelle abitazioni dei condòmini. Concordato chiaramente, ma all’occorrenza anche senza preavviso, ma sempre autorizzato.

Questi i casi:

  • espressa previsione contenuta in un regolamento contrattuale;
  • necessità di fare eseguire interventi di manutenzione di impianti condominiali non altrimenti raggiungibili;
  • necessità di verificare lo stato di conservazione di impianti condominiali non altrimenti verificabile;
  • necessità di verificare la presenza di conseguenze dannose derivanti da rotture e/o malfunzionamento di impianti condominiali non altrimenti verificabili;
  • esistenza di servitù previste dagli atti ovvero esistenti per destinazione del padre di famiglia (si pensi alla presenza di un impianto di autoclave condominiale in un giardino in proprietà esclusiva, ecc.).

In ciascuna di queste circostanze l’amministratore, ricorrendone la necessità, ha diritto di accedere.

Il condòmino non può opporsi né al semplice sopralluogo, né tanto meno agli eventuali conseguenti lavori da eseguirsi per il ripristino del normale funzionamento delle cose comuni.

Diversamente e qui torniamo alle questioni posteci dal nostro lettore, è del tutto normale che le conseguenze dell’opposizione all’ingresso rappresentino una condotta che può portare ad una richiesta risarcitoria per i danni ai beni comuni nonché a quelli di altri condòmini che dovessero subirne. Idem per i danni all’abitazione di chi si è opposto all’ingresso: come poter reclamare un danno o quanto meno tutto il danno se impedendo l’ingresso si è causato o aggravato il medesimo?

Accesso alle abitazioni da parte dell’amministratore, quando ci si può opporre?

Queste le ipotesi più ricorrenti nelle quali l’amministratore ha diritto d’ingresso e le eventuali conseguenze per l’impedimento.

In altri casi, cioè quelli in cui l’abitazione non è soggetta a servitù, verifiche, ecc. concedere l’accesso all’amministratore è mero atto di cortesia, nessun obbligo di concedere l’accesso.

Perché d’altronde l’amministratore dovrebbe entrare in casa dei condòmini se non vi sono questioni riguardanti parti e impianti comuni da verificare ed affrontare?

Si potrebbe obiettare: per verificare lo stato di conservazione dell’appartamento. Egli, però, non ha nessun obbligo in tal senso e quindi conseguentemente nessun potere di imporre l’accesso. Dell’unità immobiliare è custode il singolo condòmino ed è a lui che si deve addebitare ogni responsabilità per danni derivanti dalla stessa.

Fonte: https://www.condominioweb.com/quando-lamministratore-ha-diritto-di-entrare-in-casa-dei-condomini.17140

Tutela penale e civile contro polvere, briciole, rifiuti e sostanze liquide rovesciate dal balcone del condòmino che abita di sopra.

Avv. Mariano Acquaviva – Foro di Salerno

Mantenere lindo e pinto il proprio appartamento è cosa difficile, e diventa impresa ardua se l’inquilino del piano superiore getta di sotto i propri rifiuti: avanzi del pranzo, briciole, terriccio o anche della semplice polvere. Lo stesso dicasi se dal piano superiore giunge l’acqua utilizzata per innaffiare i fiori.

Comportamenti purtroppo molto comuni nelle realtà condominiali, idonei però a far sorgere una vera e propria responsabilitàsia civile che penale : la giurisprudenza è infatti granitica nel ritenere che l’inquilino che, con la propria condotta, imbratta l’appartamento altrui risponde del reato di getto pericoloso di cose.

Affinché si integri il reato, però, occorre che la condotta dell’inquilino sia effettivamente idonea a sporcare la proprietà di terzi, ovvero a ingenerare un qualche tipo di molestia.

Dunque, colui che puntualmente si vede cadere le briciole dal balcone superiore può difendersi sporgendo una denuncia alle autorità solamente al ricorrere di alcune circostanze.

Il mero scuotimento di tappeti o di tovaglie potrebbe non essere sufficiente a far integrare la contravvenzione.

Ciò non significa che la vittima di tali comportamenti non possa fare nulla per tutelarsi: è sempre possibile chiedere il risarcimento dei danni oppure, ove il regolamento condominiale lo consenta, l’irrogazione di una multa.

Il reato di getto pericoloso di cose

L’art. 674 del codice penale punisce con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a euro 206 chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti.

Si tratta di una contravvenzione, cioè di un reato minore che, seppur connotato da una limitata carica lesiva, può essere imputato anche a colui che commette involontariamente una delle condotte sanzionate. In altre parole, l’inquilino del piano di sopra rischia di essere denunciato se abitualmente versa i propri avanzi e rifiuti sul balcone inferiore anche non avendo l’intenzione di arrecare un danno.

Affinché si integri il reato di getto pericoloso di cose occorre che ciò che sia versato nella proprietà altrui abbia una intrinseca capacità di sporcare i beni, ovvero di molestare le persone; è dunque evidente che la polvere o le briciole non siano sempre in grado di insudiciare la proprietà di altri, né di arrecare un vero e proprio disturbo.

Il getto pericoloso deve ricadere su un luogo di pubblico transito ovvero in un luogo privato di comune o di altrui uso: ciò significa che commette reato non solo il condòmino che sporca il balcone dell’inquilino del piano di sotto, ma anche colui che imbratta un’area comune, tipo il cortile o l’androne condominiale.

In quanto contravvenzione, il reato di getto pericoloso di cose è procedibile d’ufficio: ciò significa che chiunque può denunciare questa condotta illecita, anche colui che non ne è vittima diretta. Questo vuol dire che il condòmino che, villanamente, getta i rifiuti dal balcone, può essere denunciato da chiunque si accorga del fatto illecito.

Briciole dal balcone e reato di getto pericoloso: la Cassazione

Come anticipato in premessa, scuotere la tovaglia o il tappeto dal balcone, con l’effetto di far precipitare di sotto ciò che v’era depositato, non costituisce in automatico il reato di getto pericoloso di cose.

Secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 27625 dell’11 luglio 2012), lo spolvero di tappeti e tovaglie, idoneo a provocare il versamento di briciole e polvere sulle finestre e sul terrazzo dell’inquilino del piano inferiore, non costituisce il reato di getto pericoloso di cose, «perché lo sbattimento di qualche tappeto e lo scuotimento di qualche tovaglia non integra la condotta penalmente rilevante, per l’impossibilità di causare imbrattamenti e molestie alle persone, secondo la formulazione letterale della disposizione incriminatrice.

Essa, infatti, deve essere intesa alla luce dell’interesse perseguito con l’incriminazione, che appartiene alla materia della polizia di sicurezza, concernendo la prevenzione di pericoli per una pluralità di soggetti».

Ciò non significa, però, che le briciole dal balcone superiore costituiscano sempre una condotta penalmente irrilevante: e infatti, tale comportamento potrebbe integrare reato allorquando, insieme alle briciole o alla polvere, letteralmente “piovano” anche altre sostanze, tipo l’acqua utilizzata per innaffiare le piante o per pulire la superficie del terrazzo o del balcone.

Per giurisprudenza pressoché pacifica (ex plurimus : Corte di Cassazione, sentenza n. 21753 del 28 maggio 2014; Corte di Cassazione, sentenza n. 15956 del 10 aprile 2016), anche l’acqua o il terriccio lasciati cadere dal piano superiore nella proprietà sottostante in occasione dell’innaffiamento delle piante integra il reato di getto pericoloso di cose.

Da tanto deriva che, qualora dal balcone del piano superiore il condòmino lasci cadere briciole e polvere miste ad acqua, la combinazione di tali elementi non possa che integrare il reato, atteso che l’imbrattamento è l’inevitabile risultato finale della condotta.

In un’ipotesi del genere, dunque, sarà possibile difendersi sporgendo denuncia contro l’inquilino del piano superiore che, imperterrito, continua a ignorare le lagnanze di chi è costretto a ripulire il proprio balcone continuamente.

Briciole e polvere dal balcone superiore: la tutela civile

Contrariamente a quanto si possa pensare, la tutela penale non sempre è la migliore: al di là delle ipotesi in cui non è affatto possibile invocare l’egida della denuncia/querela, a volte si ottengono maggiori risultati mediante un’azione civile.

Se l’inquilino del piano superiore è imperterrito nel riversare briciole e polvere al piano di sotto, è sempre possibile proporre un’azione giudiziaria volta a ottenere l’inibitoria del comportamento e il risarcimento dei danni.

L’azione civile contro il condòmino del piano di sopra può essere validamente intrapresa solamente a determinate condizioni, e cioè: che la condotta molesta sia reiterata nel tempo e non episodica; che sia possibile provare l’illecito e il conseguente pregiudizio patito.

È evidente che il punto più difficile è la dimostrazione non solo e non tanto della condotta illegale (per quello è sufficiente una testimonianza oppure una ripresa video o fotografica), quanto del danno subito, in assenza del quale non è possibile invocare alcun risarcimento. Onus probandi incumbit ei qui dicit, non ei qui negat : l’onere della prova è a carico di chi fa valere in giudizio un diritto. Su questo punto c’è poco da dibattere.

Nei casi più evidenti sarà possibile provare il danno allegando fotografie oppure perfino una perizia debitamente documentata: ciò può accadere nel caso in cui dal balcone del piano superiore precipitino, oltre a briciole e polvere, sostanze corrosive (come la candeggina) oppure ad alta capacità di imbrattamento (olio, vino, detersivo, ecc.).

In ogni caso, è possibile rimettersi alla valutazione equitativa del giudice, affinché, in qualità di peritus peritorum, stimi il danno secondo il suo prudente apprezzamento.

Briciole dal balcone e multa condominiale

Sempre sul versante civilistico è possibile invocare un’ulteriore tutela: quella condominiale. Per difendersi dalle briciole dal balcone superiore è possibile chiedere l’applicazione delle regole stabilite all’interno del regolamento condominiale e, nello specifico, l’irrogazione di una multa, ove prevista.

La legge (art. 70 delle disposizioni attuative al codice civile) stabilisce che per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino ad euro 200 e, in caso di recidiva, fino ad euro 800. La somma è devoluta al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie.

L’irrogazione della sanzione è deliberata dall’assemblea con le maggioranze di cui al secondo comma dell’articolo 1136 del codice, a tenore del quale sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

Dunque, se il regolamento condominiale prevede espressamente che non è possibile riversare briciole, polvere o qualsiasi altro rifiuto dal proprio balcone, questa condotta potrebbe essere sanzionata in seno all’assemblea mediante l’applicazione di una multa da devolvere all’intero condominio.

Si tratterebbe di un vero deterrente per il condòmino maleducato, al quale potrebbe non fare paura una denuncia o un atto ci citazione, ma che potrebbe tremare davanti al concreto e immediato esborso di una somma di danaro.

Si badi bene, però, che la multa condominiale, seppur prevista nel regolamento, non scatta automaticamente ad ogni infrazione, ma solamente se l’assemblea, regolarmente convocata e costituita deliberi secondo la maggioranza sopra indicata.

Da tanto deriva un’ulteriore, fondamentale conseguenza: è l’assemblea condominiale a dover decidere se ricorrono i presupposti per comminare una multa. L’assemblea, dunque, si trasformerà in un consesso giudicante infuocato (ancor più del solito) in cui si dibatterà sulla responsabilità di uno dei condòmini.

Per difendersi dalle briciole del balcone superiore e ottenere la sanzione auspicata, dunque, è bene munirsi di prove documentali concrete da sottoporre all’attenzione degli altri partecipanti.

Nel caso in cui il condòmino multato decida di non pagare, l’amministratore potrà agire coattivamente nei suoi riguardi per il recupero del credito, magari chiedendo all’autorità giudiziaria l’emissione di un decreto ingiuntivo al quale, se non ottemperato, seguirà il precetto e il pignoramento dei beni.

Fonte: https://www.condominioweb.com/briciole-dal-balcone-superiore-come-difendersi.16974

Il piacere di una bella grigliata non è esente limitazioni, soprattutto in codominio, dove oltre al buonsenso è indispensabile rispettare diverse regole per evitare liti con i vicini

Dott.ssa Lucia Izzo

Con l’arrivo delle belle giornate prende il via anche la stagione delle grigliate, anche se per molti cimentarsi col barbecue è un’esperienza da fare tutto l’anno. Ma è necessario prestare attenzione quando si decide di “dare fuoco alle polveri”. Sono tante, infatti, le norme di comportamento e non solo che devono essere rispettate soprattutto in un ambito condominiale.

Le norme che riguardano il barbecue non si esauriscono nelle sole disposizioni contenute nel Regolamento condominiale, poiché è la stessa legge che disciplina con prescrizioni dettagliate alcuni aspetti quali distanze, immissioni e altri profili idonei a incidere sulla possibilità di grigliare in libertà.

Il mancato rispetto potrebbe comportare disagi e liti con i vicini che potranno anche finire direttamente innanzi al giudice.

Barbecue e immissioni

Indubbiamente, l’argomento più rilevante quando si parla di utilizzo del barbecue è quello legato alle immissioni di fumi e odori che da questo promanano.

Sul punto, la norma di riferimento è l’art. 844 del codice civile a norma del quale “il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi”.

In sostanza, l’utilizzo del barbecue è lecito e non può essere inibito, ma ciò purché i fumi emanati siano tollerabili per gli altri condomini. Quello della normale tollerabilità non è un criterio assoluto, ma “relativo” e viene di norma parametrato in relazione alla capacità di sopportazione dell’uomo medio.

La stessa norma non fissa dei parametri aritmetici per valutare la liceità delle immissioni, lasciando ai giudici la possibilità di un apprezzamento caso per caso che tenga conto di diversi fattori, ad esempio della condizione dei luoghi, del contesto specifico in cui si realizza l’accensione del barbecue, delle modalità con cui questo viene utilizzato, del fastidio provocato e così via.

La valutazione della tollerabilità

Lo stesso art. 844 c.c. precisa chiaramente che, nell’applicare la norma, l’autorità giudiziaria debba contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà e possa, inoltre, tenere conto della priorità di un determinato uso.

Parte della giurisprudenza (cfr. Cass. sent. n. 1606/2017), in materia di immissioni, ritiene che i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità previsto dall’art. 844 c.c. costituiscano accertamenti di natura tecnica che vengono di regola compiuti mediante apposita consulenza tecnica d’ufficio con funzione “percipiente”, in quanto soltanto un esperto è in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone, l’intensità dei suoni o delle emissioni di vapori o gas, nonché il loro grado di sopportabilità per le persone.

Pertanto, nonostante la legge non preveda un generalizzato divieto di utilizzare il barbecue in condominio, è necessario comunque assicurare che le immissioni siano tollerabili per i vicini. In caso contrario dovranno ritenersi vietate e potranno essere inibite ricorrendo all’autorità giudiziaria.

Regolamenti di condominio e comunali

Spesso, proprio per scongiurare l’insorgenza di liti, i regolamenti condominiali si occupano di regolamentare l’uso del barbecue, ad esempio limitandolo ad alcuni giorni e ad alcune fasce orarie, oppure addirittura vietandolo del tutto.

La giurisprudenza, seppur con pronunce talvolta risalenti nel tempo, ritiene che i condomini possano disciplinare con il regolamento di condominio i loro rapporti reciproci in materia di immissioni di fumo, anche con norma più rigorosa di quella dettata dall’art. 844 del codice civile (cfr. Cass. n. 1195/1992).

Sovente, sono anche i Comuni di residenza ad occuparsi di “normare” grigliate e barbecue ponendo limiti magari in alcuni periodi dell’anno e per ragioni di sicurezza. Anche in tal caso è sempre bene verificare la sussistenza di eventuali divieti poiché potrebbe essere impedita l’accensione di fuochi, di qualsiasi genere e anche in luoghi privati.

Posizione del barbecue e distanze

Il regolamento condominiale ben può recare regole anche quanto al posizionamento del barbecue, sempre per evitare rischi alla sicurezza e per evitare di creare fastidio agli altri condomini.

Per quanto riguarda la materia delle distanze , invece, è possibile applicare quanto stabilito dagli artt. 890 e 873 del codice civile, purchè si faccia riferimento a delle costruzioni vere e proprie. Si pensi, ad esempio, a quei barbecue in muratura , fissi e ancorati al suolo, magari muniti di camino per lo scarico dei fumi.

Non si tratta, ovviamente, dei barbecue “portatili” in quanto questi non sono manufatti, ma oggetti mobili la cui collocazione può essere decisa e modificata liberamente, pur nel rispetto delle eventuali disposizioni regolamentari su tali aspetti e, ovviamente, della disciplina relativa alle immissioni.

Un importante precedente in tal senso si rintraccia nella sentenza n. 15246/2017 della Corte di Cassazione nella quale il barbecue in muratura è stato assimilato a un vero e proprio forno ex art. 890 del codice civile.

Tale norma precisa che chi vuole fabbricare un’opera simile presso il confine, potendo sorgere pericolo di danni, dovrà osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, quelle necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza.

Il rispetto della distanza prevista dall’art. 890 c.c., nella cui regolamentazione rientrano anche i forni, è collegato a una presunzione assoluta di nocività e pericolosità che prescinde da ogni accertamento concreto nel caso in cui vi sia un regolamento edilizio comunale che stabilisca la distanza medesima.

In difetto di una disposizione regolamentare, invece, si avrà pur sempre una presunzione di pericolosità, seppur relativa, che potrà essere superata ove la parte interessata al mantenimento del manufatto dimostri che mediante opportuni accorgimenti può ovviarsi al pericolo o al danno del fondo vicino (cfr. Cass. n. 22389/2009 e n. 3199/2002).

Oltre alle distanze prescritte da regolamenti locali, qualora il condòmino intenda posizionare sul balcone un barbecue in muratura o similare, dovrà rispettare anche la previsione di cui all’art. 1122 c.c. che impedisce al condomino di eseguire, nell’unita immobiliare di sua proprietà o in quelle attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale, opere che rechino danno alle parti comuni o determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio.

In ogni caso, dovrà esserne data preventiva notizia all’amministrazione che ne riferirà all’assemblea.

Fonte: https://www.condominioweb.com/barbecue-in-condominio-le-cose-da-sapere.16950

A quali sanzioni va incontro chi abbandona dei rifiuti in un’area comune e quale potrebbe essere la responsabilità del condominio

Avv. Marco Borriello – Foro di Nola

Differenziare i rifiuti non è più una scelta o un’opportunità, ma è diventato un obbligo. In ogni famiglia, tutti i componenti della stessa, compresi i figli minori, conoscono a quale categoria appartiene l’involucro da buttare e in quale contenitore dedicato bisogna gettarlo.

Siamo, altresì, informati del calendario della raccolta, cioè delle giornate in cui si ritirano i rifiuti organici o quelli indifferenziati, e sappiamo, infine, in quali orari il sacchetto va posto all’esterno della nostra abitazione.

Siamo, infine, consapevoli che la violazione delle predette regole comporterebbe una multa.

In un contesto come quello appena descritto, dove la raccolta dei rifiuti è, rigorosamente, regolata, si può ben immaginare quanto sia, oltremodo, illegale l’abbandono indiscriminato della spazzatura; una circostanza, purtroppo, molto ricorrente soprattutto nei luoghi pubblici (ad esempio, nelle strade secondarie), ma che può verificarsi anche all’interno di un condominio.

Quindi, poiché gli scostumati e gli incivili possono abbondare anche nel contesto abitativo che ci circonda, con questa pubblicazione si vuole approfondire il tema delle conseguenze per questo spiacevolissimo fenomeno.

Pertanto le domande a cui si risponde sono le seguenti: quali sono le sanzioni per chi abbandona i rifiuti in condominio? Quali rimedi o deterrenti potrebbero essere assunti per evitare l’abbandono dei rifiuti in condominio?

Abbandono rifiuti in condominio: le sanzioni di legge

La legge in materia (Art. 192 D.lvo 152/2006) vieta l’abbandono e il deposito incontrollato dei rifiuti. Il successivo art. 255 della stessa legge, esplicitamente, afferma che «chiunque…abbandona o deposita rifiuti…..è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a tremila euro.

Se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio».

Pertanto, se qualche proprietario del fabbricato decide di abbandonare, indiscriminatamente, alcuni rifiuti in un’area condominiale, la denuncia dettagliata alle autorità competenti da parte degli altri condomini, testimoni dell’accaduto, dovrebbe essere sufficiente a perseguire, amministrativamente parlando, il responsabile.

Abbandono rifiuti in condominio: le conseguenze per il fabbricato

Il comma 3 del citato art. 192 D.lvo 152/2006 prevede che il responsabile dell’illecito abbandono sia tenuto alla corretta rimozione e smaltimento del rifiuto.

Si tratta di un obbligo, abbastanza prevedibile, che è sancito, in forma solidale, anche a carico del proprietario dell’area.

Qualora questo dovere dovesse essere disatteso, il Sindaco può disporre la rimozione dei rifiuti a spese del comune, ma a carico dei soggetti obbligati (mediante recupero coattivo degli importi anticipati per la descritta attività).

Pertanto, la descritta disposizione potrebbe, teoricamente, essere applicata anche nei riguardi dei fabbricati, in tutti quei casi in cui il responsabile dell’abbandono è ignoto, ma lo stabile si ritrova dei rifiuti da smaltire sulla propria area comune.

Tuttavia, devi sapere, che l’obbligo in esame non può riguardare quei proprietari e, quindi, quei condomini, dove non è possibile invocare alcuna responsabilità, per i fatti accaduti, né a titolo di dolo né a titolo di colpa; una conclusione sancita dalla stessa legge citata, ma anche confermata dalla giurisprudenza.

Secondo, infatti, la Cassazione «reato di abbandono di rifiuti, non sempre la posizione del proprietario o possessore dell’area può configurare un’ipotesi di concorso nel reato, tanto è vero che la giurisprudenza di questa Corte ha evidenziato, in modo pienamente condivisibile, che la semplice inerzia, conseguente all’abbandono da parte di terzi o la consapevolezza, da parte del proprietario del fondo, di tale condotta da altri posta in essere, non siano idonee a configurare il reato e ciò sul presupposto che una condotta omissiva può dare luogo a ipotesi di responsabilità solo nel caso in cui ricorrano gli estremi del comma secondo dell’art. 40 cod. pen., ovvero sussista l’obbligo giuridico di impedire l’evento (ex multis Cass. Sez. 3, n. 40528 del 10/6/2014).

Gli Ermellini proseguono precisando <proprietario del terreno non si attivi per la rimozione dei rifiuti, in quanto la responsabilità sussiste solo in presenza di un obbligo giuridico di impedire la realizzazione o il mantenimento dell’evento lesivo, che questi può assumere solo ove compia atti di gestione o movimentazione dei rifiuti (Cass. Sez. 3 n. 13606 del 28/03/2019».

Il Tar Campania (sent. n. 117/2019), infine, con riferimento al concessionario delle strade di proprietà statale, ha precisato che avere la gestione e il controllo delle predette aree «rappresenta un presupposto da solo non sufficiente per imporle ex art. 192, comma 3, cit., l’ordine di rimozione dei rifiuti abbandonati da ignoti su tali aree, essendo altresì necessario appurare, come ribadito innanzi, l’inverarsi dell’elemento soggettivo della responsabilità, che, appunto, richiede un preventivo accertamento in contraddittorio con l’interessato».

Pertanto, in linea generale, se nel tuo condominio sono stati, indebitamente, abbandonati dei rifiuti ad opera d’ignoti, non dovresti temere alcuna conseguenza. Il condominio, infatti, è, anch’esso, vittima dell’accaduto, non ha alcun obbligo d’impedire un evento sottratto alla propria disponibilità e non ha alcuna colpa, poiché non ha svolto alcuna attività di governo sul rifiuto abbandonato.

Per queste ragioni, l’eventuale ordinanza sindacale contenente l’ordine di rimozione a carico del condominio, soprattutto se emessa senza aver prima accertato alcuna concreta responsabilità del medesimo, andrebbe impugnata davanti al giudice amministrativo, poiché illegittima per le predette considerazioni.

Abbandono rifiuti in condominio: deterrenti

Per scongiurare l’abbandono dei rifiuti in condominio, un primo indiscutibile deterrente potrebbe essere rappresentato dall’istallazione di un impianto di video sorveglianza.

Infatti, la presenza dello stesso, peraltro opportunamente segnalata per non incorrere nella violazione della privacy di qualcuno, dovrebbe essere sufficiente a scoraggiare un vicino particolarmente incivile oltre a consentire l’individuazione certa dell’eventuale responsabile.

A questo proposito, potrebbe tornare utile anche la previsione di una multa contemplata dal regolamento condominiale. Infatti, fondandosi su prova certa (ad esempio, le immagini di video sorveglianza), l’assemblea potrebbe debitamente irrogarla al singolo residente che avrebbe abbandonato, indiscriminatamente, un rifiuto.

Anche questa opportunità, potrebbe fortemente scoraggiare condotte illecite ed incivili come quelle in esame.

Fonte: https://www.condominioweb.com/abbandono-rifiuti-in-condominio-quali-conseguenze.17013

3° CORSO DI AGGIORNAMENTO PER AMMINISTRATORI CONDOMINIALI

(conforme alle disposizioni di cui agli art. 71 bis comma I lett. g) disp. att. c. c. e art. 5 comma III D.M. Giustizia 13.08.2014)

Francavilla al mare (CH) 21, 22 e 27 ottobre 2016 lezioni e 27 ottobre 2016 – esame finale

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  • Modulo di iscrizione
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  • Locandina

Il corso è conforme alle direttive del D.M. 140/2014 e costituisce titolo obbligatorio per l’esercizio della professione di Amministratore di Condominio

Responsabile scientifico del corso

è l’Avv. Pietro Maria Di Giovanni,

membro del Centro Studi Nazionale ANACI.

Il Corso inizierà sabato 29 ottobre 2016.

Per informazioni presso la sede Provinciale ANACI in Pescara,
Viale G. Marconi, 373 il venerdì dalle ore 15 alle ore 18.
Telefono: 085 4549713 – 334 1228514
anaci.pescara@anaci.it – www.anaci.abruzzo.it

Allegati

Il giorno 11 luglio 2015 a L’Aquila, si terrà il convegno nazionale ANACI presso L’Auditorium del Parco di Renzo Piano – Parco del castello cinquecentesco.

Scarica la locandina con tutti i dettagli.

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